Cattolici. «Per» e «con» ogni persona: è l'accoglienza cattolica
Migranti: l’euromappa curata da UniCatt per la Santa Sede Accogliere, Proteggere, Promuovere, Integrare: questi quattro verbi sintetizzano l’attenzione speciale per i migranti presente fin dagli albori della Dottrina sociale della Chiesa e assurta a cifra distintiva dell’attuale pontificato. Un’attenzione da declinarsi in tutte le fasi del processo migratorio e di integrazione, ma anche evocativa della necessità di medicare un pianeta ferito dal degrado ambientale, dilaniato dalla «terza guerra mondiale a pezzi» col suo strascico di sofferenza e migrazioni forzate, in cui si moltiplicano le periferie esistenziali e cresce la produzione di scarti umani.
Spesso additati come l’emblema del 'buonismo' di papa Francesco, i quattro verbi sono l’abbecedario dei milioni di cattolici impegnati, in tutto il mondo, in iniziative 'per' e 'con' i migranti. Attraverso di esse si rinnova la testimonianza del buon samaritano e, soprattutto, si indica la strada per la costruzione di una società che metta al centro le persone – sì, le persone, non i flussi e le loro dimensioni – e le loro istanze di sviluppo integrale: una caratteristica che rende tali iniziative ancor più preziose e meritevoli di essere conosciute, affinché possano diventare 'contagiose'.
È proprio allo straordinario attivismo delle organizzazioni cattoliche che la Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale della Santa Sede ha deciso di dedicare un piano di ricerca che coinvolge tutti i continenti. Incaricata della realizzazione del Rapporto europeo, l’Università Cattolica ha già censito 120 buone pratiche promosse da Chiese locali, congregazioni religiose, associazioni e movimenti cattolici nei diversi Paesi: una goccia nel mare delle migliaia di iniziative attivate, ma emblematiche della capacità di rispondere pro-attivamente ai bisogni di migranti e richiedenti asilo (con un occhio di riguardo per le categorie più vulnerabili, per esempio le vittime della tratta), creare reti con gli attori pubblici e privati, reperire finanziamenti e risorse (innanzitutto l’impegno di tanti volontari), costruire 'ponti' con le comunità locali, coinvolgere i migranti in iniziative orientate al bene comune.
Una capacità che, nell’anno più fortemente segnato dalla pandemia – col suo drammatico effetto di acutizzazione delle situazioni di fragilità – ha trovato un ulteriore e sfidante banco di prova. Sulle iniziative realizzate nel contesto dell’emergenza sanitaria si concentra l’ultimo Rapporto, reso disponibile online negli scorsi giorni (qui: tinyurl.com/emersan), che testimonia l’imponente sforzo messo in campo per promuovere, attraverso il servizio ai migranti, la dignità di ogni persona. Continuando ad assicurare l’operatività degli interventi (perfino nei campi profughi) anche nelle fasi più acute della pandemia, nonostante le restrizioni e i rischi di contagio.
E approntando tempestivamente soluzioni in risposta ai nuovi bisogni: dall’assistenza offerta ai migranti sorpresi dalla pandemia lungo la rotta balcanica alla distribuzione di mascherine; dal supporto a quanti hanno perso il lavoro al lancio di corsi di lingua online. Certo non mancano gli ostacoli e le criticità da superare, inclusa un’eccessiva obbedienza al monito 'non sappia la mano destra ciò che fa la sinistra', che talvolta limita l’accessibilità dei servizi e la trasferibilità degli interventi. Tuttavia, a emergere è soprattutto la capacità di adattare l’azione ai nuovi bisogni e agli inediti vincoli di una congiuntura eccezionale; per di più, proprio l’esperienza maturata nell’assistenza ai migranti si è dimostrata provvidenziale nel momento in cui, col passaggio da una emergenza sanitaria a una crisi sociale diffusa, è lievitato il numero di persone e famiglie bisognose. Guardando avanti, è sulla preposizione 'con' che affonderà l’attenzione il prossimo Rapporto, nella scia del Messaggio per la 107a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (25 settembre 2022), «Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati ».
Una preposizione resa ancor più attuale dalla crisi ucraina: le biografie bruscamente interrotte dei protagonisti di questa nuova emergenza umanitaria, così straordinariamente simili alle 'nostre', ci rammentano di come i migranti siano, a un tempo, figure paradigmatiche della vulnerabilità della condizione umana e occasione privilegiata per forgiare quelle pratiche dialogiche e partecipative indispensabili al ridisegno in senso inclusivo dei sistemi economici e sociali.