Opinioni

La Pentecoste, giornata per «profeti». La mossa decisiva contro ogni soggezione

Pierangelo Sequeri domenica 23 maggio 2010
Mette vita nelle vene, come un vino nuovo, la Pentecoste. Ma non sono ubriachi, questi, dice Pietro a voce alta. E non sono neppure professionisti del sacro. Sono i discepoli del Signore crocifisso e risorto. Sono il nuovo inizio della profezia distribuita ai figli e alle figlie. L’inizio della predica di Pietro, che inaugura il durevole tempo della Pentecoste cristiana (Atti, 2, 14-21), mi risuona di una commozione speciale, oggi. Mi sembra che ci tocchi da vicino. Che ci serva molto. L’ingresso in argomento è una lunga citazione dal testo di Gioele, il profeta-poeta. L’incipit di Gioele è la famosa immagine delle cavallette: «Udite questo, anziani, porgete l’orecchio, voi tutti abitanti della regione. Accadde mai una cosa simile ai giorni vostri o ai giorni dei vostri padri? Raccontatelo ai vostri figli e i figli vostri ai loro figli e i loro figli alla generazione seguente. L’avanzo della cavalletta l’ha divorato la locusta, l’avanzo della locusta l’ha divorato il bruco, l’avanzo del bruco l’ha divorato il grillo». È il racconto folgorante della corruzione che si fa metodo, del gusto dell’erosione di ogni differenza del bene e del male, dell’indifferenza per la verità delle cose che si fa stile di vita e glamour dell’emancipazione. Potenza di intimidazione per il lavoro fine degli affetti, che rende degna e abitabile la terra. Macchina consumistica perfetta, che irride alla custodia dei deboli, alla cura dell’intimità, alla grandezza dei valori immateriali che intravvediamo nei sogni dei poeti e nelle visioni dei santi. Le locuste, e i loro derivati, lavorano a tappeto, coprono la terra come una seconda pelle. E soffocano, indifferenti, i gemiti in cui si raccolgono – per la giustizia dell’eterno – gli affetti del passato e le speranze del futuro. L’effetto finale della corruzione dello spirito è lo svuotamento della mente, che spegne lo sguardo. Non vediamo più l’orrore, non vediamo più l’amore.Il profeta-poeta è un credente sincero, ha il cuore saldo e lo sguardo lungo. Non si fa intimidire. Sa che lo Spirito del riscatto, per metterci in grado di fronteggiare l’evento, aveva pronta la sua mossa decisiva. La mossa è questa, dice Pietro: nel nome di Gesù Cristo «tutti i vostri figli e le vostre figlie» diventeranno voci e presenze profetiche. Tutti. I giovani avranno visioni. E gli anziani le sosterranno con i loro sogni. Niente nostalgia delle cipolle passate, niente parassitismo delle foglie marce, nessuna soggezione per gli strateghi delle cavallette. Nello slancio di una mente pulita e di uno sguardo senza paure, parleranno in mezzo alle folle e si faranno capire da tutti, qualsiasi lingua parlino. E insieme, saranno di più delle cavallette. Lo Spirito del Signore «rinnova la faccia della terra» e ridona linguaggio «alle profondità del cuore». Bello come un danzatore di vento e fuoco, aleggiava sulle prime vibrazioni della creazione, e ora è qui, per rimanerci. È qui per i nostri sogni e per le vostre visioni, ragazzi. Non vi fate mettere in imbarazzo dalle futili potenze del godimento e dalla presunta intellighenzia dei loro grilli parlanti, che sembrano tutti professori (e talora, ahimé, lo sono). Sono loro che hanno bevuto troppo. Fede e visione. E pensate in grande: vi appoggeremo con tutto quello che abbiamo. Non ci siete che voi, contro le cavallette.