Opinioni

Vescovi al Sinodo. Pechino riconosce l'universalità della Chiesa. Ma non tutto va bene

Agostino Giovagnoli venerdì 22 settembre 2023

La partecipazione di due vescovi cinesi al Sinodo è un bel segno dell’universalità della Chiesa. Indicati, d’intesa con le autorità, dalla Chiesa locale – anche se non esiste una Conferenza episcopale cinese riconosciuta – sono stati nominati dal Papa. Sono Giuseppe Yang Yongqiang di Zhoucun, in Shandong, e Antonio Yao Shun di Jining (Wumeng), in Mongolia interna.

Monsignor Yang Yongqiang è già venuto in Italia e ha partecipato all’incontro “Ponti di pace” organizzato dall’Arcidiocesi di Bologna e dalla Comunità di Sant’Egidio nel 2018. Monsignor Yao Shun, invece, è il primo vescovo ordinato dopo l’Accordo tra Santa Sede e Repubblica popolare cinese del settembre 2018, anche se sembra che la nomina di Roma sia avvenuta in precedenza. Sicuramente frutto dell’Accordo è la partecipazione di vescovi cinesi al Sinodo. La prima volta si è infatti realizzata subito dopo la firma dell’intesa, quando i vescovi Giovanni Battista Yang Xiaoting di Yan’an e Giuseppe Guo Jincai di Chengde parteciparono al Sinodo sui giovani dell’ottobre 2018. In entrambi i casi, questa partecipazione conferma che la Chiesa attraversa tutti i confini e che di essa fanno parte uomini e donne di tutti i popoli.

Ciò la rende unica, com’è particolarmente evidente in un contesto internazionale segnato da tante divisioni profonde: dopo il 1989, invece di unirsi, com’era nelle speranze di molti, il mondo si è infatti diviso sempre di più e lo manifestano drammaticamente le tante guerre oggi in corso. Espressione dell’universalità della Chiesa è stata – seppure in modo diverso – anche la visita del cardinale Matteo Maria Zuppi a Pechino dal 13 al 15 settembre, quale inviato del Papa per la guerra in Ucraina. Ha infatti radice in tale universalità anche l’impegno del Papa e della S. Sede per la pace tra i popoli in tutto il mondo. Anche in questo caso, una premessa importante è stata posta dall’Accordo del 2018, stipulato anche nella prospettiva di una collaborazione internazionale tra S. Sede e Repubblica popolare cinese per favorire prospettive di pace.

Tali segni mostrano che la Cina accetta l’universalità della Chiesa, anzi la considera un elemento positivo in un mondo che sta mettendo in discussione – con tensioni crescenti – processi di globalizzazione di cui lo sviluppo cinese ha molto beneficiato negli ultimi decenni. Pechino non può non apprezzare una voce, come quella del Papa, che si distingue nettamente da quanti oggi spingono per una nuova guerra fredda o per uno scontro aperto tra Occidente e Oriente.

Maggiori difficoltà, invece, incontra l’applicazione dell’Accordo sino- vaticano del 2018 per quanto riguarda la nomina dei nuovi vescovi. Tali nomine, infatti, procedono, ma con incomprensioni e difficoltà, come hanno messo in luce alcuni casi recenti, e, soprattutto, procedono lentamente.

Su questo terreno si avverte la spinta ad affermare la sovranità cinese su tutto ciò che si trova in Cina. In contraddizione con un interesse profondo alla collaborazione internazionale, agisce una mentalità che vede i vescovi cattolici come funzionari del loro Paese, un po’ come accadeva diffusamente nell’Europa del Settecento. Tale tendenza è solo in parte generata dalla storia e dalla cultura cinesi: in essa si avverte soprattutto il vento del nazionalismo che soffia oggi con forza in tutto il mondo.

È un vento che ostacola anche l’importante dialogo tra le civiltà su cui Papa Francesco ha insistito tante volte riguardo alla cultura cinese. Il nazionalismo, infatti, alimenta una logica di forza che ignora molti altri aspetti importanti dei rapporti tra i popoli: è una logica miope, che difficilmente tiene sul lungo periodo. Anche queste difficoltà mostrano che è stato saggio cercare un’intesa – seppure non perfetta, come ha sottolineato più volte il cardinale Pietro Parolin – quando ancora il vento del nazionalismo non era così forte. Sebbene appaia oggi controcorrente, l’universalità della Chiesa mostra una strada di cui tutti i popoli beneficerebbero se l’adottassero: quella verso la pace.