Pasqua di morte e resurrezione. Dio parla. Anche attraverso il dolore
Aveva raggiunto la maggiore età Giovedi santo, ma la festa era stata programmata per Lunedì in albis. Figlio unico di genitori ancora giovani, Giuseppe era il cardine intorno al quale girava la loro vita. Studente volenteroso, obbendiente, nei giorni festivi correva ad aiutare il papà nel salone di barbiere. Antonio non aveva mai ceduto alle richieste di suo figlio, il motorino non glielo aveva mai comprato. « Appena avrai la patente, papà ti regala una piccola auto, è più sicura … ».
Sabato santo. La Chiesa contempla Cristo deposto nel sepolcro. Silenzio, angoscia, paura. Mistero. Possibile che anche Dio abbia conosciuto la morte? Le domande nei giorni della Settimana santa martellano le tempia. Solo la fede illumina la ragione. Finalmente arriva la notte. Tutto è pronto per la grande veglia. Nel buio un fuoco scoppietta nel cortile della parrocchia. Inizia la litugia pasquale, la chiesa si illumina, il coro canta l’ allelluja e il gloria. Cristo è risorto, è veramente risorto. Le omelie di questi giorni sono state difficili da pronunciare. I poveri preti possono solo balbettare nel commentare la morte e la risurrezione del figlio di Dio. Il popolo capisce, perdona. La gioia traspare dai loro volti. I canti, l’altare vestito a festa, i paramenti ricamati in oro, la Parola di Dio ci ricordano che nessuno ha il diritto di rassegnarsi, di cedere, di smarrire la speranza. Cristo risorto ci chiama a risorgere con lui.
Giuseppe e gli amici quella notte decidono di andare a Napoli. Il lungomare illuminato, il Vesuvio sullo sfondo, le navi ormeggiate nel porto sono uno spettacolo capace di emozionare. Le nuove, come le passate generazioni, sono attratte dalla bellezza di Napoli. I nostri ragazzi passeggiano, si divertono, scattano le ultime foto prima di far ritorno a casa. Giuseppe chiede all’amico di poter guidare il motorino. Indossa il casco, non corre, non ha bevuto. All’improvviso lo scooter sbanda, scivola. I ragazzi cadono, si rialzano. Sembra una cosa da niente. L’ amico se la cava con una ferita al braccio, per Giuseppe invece, non c’è più niente da fare. Vola in cielo con Gesù risorto. Primizia di Pasqua. “Oggi stesso sarai con me in paradiso”.
La telefonata che ogni genitore ha il terrore di ricevere arriva poco dopo ad Antonio e Susy. Si alzano, si vestono, corrono verso l’ ospedale. Pregano, invocano, sperano. Sanno che il figlio è ferito lievemente. Arrivano che è già morto. Un dolore immenso, atroce oltre ogni immaginazione. Un tunnel buio e freddo si apre davanti a loro.
Mattina di Pasqua. Le campane suonano a festa. Le chiese si affollano di fedeli. La gioia della vita che risorge dalla morte invade anche i cuori più lontani dalla fede. Si tocca con mano, si legge nei volti. La gente si augura buona Pasqua. La casa di Giuseppe è a lutto. I genitori chiedono di incontrarmi. Corro. Sediamo sul lettino di Giuseppe quasi a voler assaporare le sue ultime ore. “Il sole si è spento” farfuglia Antonio tra le lacrime mentre con le mani tormenta la foto di suo figlio. Susy è impietrita. Non parla, non piange. La guardo. Mi ricorda Maria sotto la croce.
Arrivano le domande vere: « Padre, Giuseppe ci sta vedendo? Ci sta ascoltando? Se mi dici di si, io continuerò a parlargli » dice Antonio. Mi convinco ancora una volta che la fede nella risurrezione di Cristo è l’unica, vera consolazione per ogni uomo. Davanti al dolore immenso di questi giovani genitori le parole di circostanza lasciano il tempo che trovano. Sono del tutto inutili. Stancano. Il pudore mi impedisce di pronunciarle. La nonna mi aiuta a parlare di Gesù e dell’ amore immenso che prova per ognuno di noi. Susy e Antonio sembrano addirittura sorridere al pensiero che Giuseppe “adesso sta meglio di noi”.
« Padre – mi dice Antonio – in chiesa non ci vado spesso, ma da domenica mi vedrai tra i primi banchi». Dio parla. Sempre. In tutte le lingue. Anche in quella del dolore. E arriva dove nessun uomo saprebbe mai arrivare. La festa preparata per il diciottesimo compleanno ha ceduto il posto al funerale. Accompagnato da un fiume di lacrime, la fede nella risurrezione ha dato un senso alla sofferenza cieca che ha colpito questa cara famiglia. Mi ritornano in mente Georges Bernanos: « La Chiesa dispone della gioia, di tutta la parte di gioia riservata a questo triste mondo …» e san Paolo: « Se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede… ». Vero. I giorni che verranno saranno lunghi, duri, pesanti per Susy e Antonio ma la certezza che l figlio tanto amato gode l’ abbraccio del buon Dio ha gettato tanta luce sulla sua morte.