Fuoco e acqua. C'è Notre-Dame, ma anche la chiesa crollata in Sudafrica
Il rischio c’è e lo corriamo tutti. Il rischio di dare più importanza, più risalto, più attenzione alle notizie che ci coinvolgono di più dal punto di vista emotivo, mediatico. L’ incendio della cattedrale di Notre – Dame, ci ha colpito come un pugno nello stomaco. Quelle fiamme che avanzavano senza sapere il danno che provocavano ci sono sembrate dei mostri. Ci siamo scoperti, ancora una volta, piccoli fragili di fronte alle forze della natura e ai guai provocati dalle omissioni umane. Una stupenda gara di solidarietà è scattata soprattutto tra i ricchi del mondo.
La cattedrale deve risorgere, su questo siamo d’accordo tutti. Antico orgoglio ritrovato. È un bene. Dobbiamo denunciare, lamentarci, ma anche imparare a ringraziare, a essere riconoscenti.
A pochi giorni di distanza dall’incendio di Notre - Dame, un’altra chiesa crolla. Non ha la stessa importanza dello stupendo tempio gotico di cui parliamo. Anche la città di Dlangubo, nel Sudafrica, a tanti non dice niente, è solo un nome sconosciuto, non può reggere al paragone con Parigi. Non è nemmeno una chiesa cattolica quella che non ha retto alla furia delle piogge, ma pentecostale. Il rischio c’è. Il rischio che la terribile notizia passi sotto silenzio.
D’altronde, giovedì sera, noi cattolici avevamo appena aperto il Santo Triduo pasquale con la Messa In Coena Domini. Giovedì ci preparavamo a essere testimoni di eventi che hanno dell’assurdo. O del divino. Il nostro Dio, sconvolgendo tutti, si getta ai piedi degli amici. Glieli lava. Loro, esterrefatti, non sanno che fare. Qualcuno prova a ribellarsi, ma lui, il Maestro, insiste. Poi si mette a fare discorsi, a prima vista, strani. Offre loro il pane confondendosi col pane. Non basta. Chiede ai suoi di continuare a fare quello che ha fatto lui. Fino alla fine dei tempi, fino alla fine della storia.
Il messaggio è arrivato fino a noi. Naturalmente, c’è chi lo accoglie e chi, volentieri, passa oltre per non esserne coinvolto. Chi lo segue e chi da lui prende le distanze. Per prudenza, per paura, per superficialità o per una malintesa voglia di autonomia. Credente, si, ma fino a un certo punto. Amare il prossimo, può anche andare bene, ma solo se dal prossimo sarò riamato. Amare chi ti odia è contro natura. Non si capisce perché lui, il maestro, continua a chiederlo. Anche il servizio ai tuoi ha una logica che potrebbe essere condivisa, ma servire gli estranei, i lontani, coloro che verranno quando non ci siamo più, proprio non si capisce. In quelle stesse ore benedette, dicevamo, in Sudafrica una chiesa crolla.
I danni alle strutture sono poca cosa, non raggiungono cifre milionarie come quelli di Parigi. Nel crollo però 13 persone muoiono e 29 restano ferite. Tra i morti un ragazzino. Tredici persone, tredici sorelle e fratelli, tredici cattedrali viventi. Tredici dimore dello Spirito Santo. Sarebbe ingiusto relegare la tragedia – questa si, vera tragedia, non solamente dramma – a una notizia di cronaca. A Parigi, grazie a Dio, non ci sono stati morti, in Sudafrica si. Per la cattedrale di Parigi è scattata la solidarietà umana, sarebbe bello se la stessa solidarietà potesse scattare anche nei confronti di questi fratelli più poveri e lontani. In fondo si possono fare tante cose belle senza manomettere il minimamente il patrimonio. Senza finire in povertà, ma solo rinunciando a qualcosa di superfluo.
È Pasqua. Gesù è risorto. Le cose vecchie sono passate, siamo chiamati ad accogliere la vita e le sue sorprese. I fratelli Pentecostali sono aperti al soffio dello Spirito Santo. Lo invocano, lo pregano, lo adorano. Spirito che soffia dove vuole, su chi vuole, quando vuole. Spirito Santo che purifica e consola. Spirito Santo donato da Gesù Risorto la sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato. Il giorno di Pasqua. In questo giorno di vita, di luce e di speranza, tanti hanno il cuore a lutto. Tra questi i parenti e gli amici di coloro che sotto il crollo del tetto della chiesa di Dlangubo hanno perso la vita. Li raggiunga la nostra preghiera e la nostra solidarietà.
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