Minori. Il grido degli innocenti che va ascoltato
«Dobbiamo avere gli occhi aperti e non nasconderci una verità che è spiacevole e non vorremmo vedere. Del resto, non abbiamo forse capito abbastanza in questi anni che nascondere la realtà degli abusi sessuali è un errore gravissimo e fonte di tanti mali?». Papa Francesco non usa mai giri di parole, ma quando si tratta di parlare di violazione dell’infanzia – specie se perpetrata da ministri della Chiesa – diventa ancora più esplicito perché vuole farsi capire molto bene. Nel giro di pochi giorni ha parlato più volte con grande chiarezza, usando parole durissime contro quei consacrati che si sono macchiati del crimine di pedofilia.
(Leggi anche: Bambini. Papa Francesco: nascondere gli abusi è un errore gravissimo)
«La Chiesa cattolica – ha detto ai partecipanti a un congresso alla Gregoriana – negli anni recenti è diventata sempre più consapevole di non aver provveduto a sufficienza al proprio interno alla protezione dei minori: sono venuti alla luce fatti gravissimi di cui abbiamo dovuto riconoscere le responsabilità di fronte a Dio, alle vittime e alla pubblica opinione. Proprio per questo, per le drammatiche esperienze fatte e per le competenze acquisite nell’impegno di conversione e purificazione, la Chiesa sente oggi un dovere particolarmente grave di impegnarsi in modo sempre più profondo e lungimirante per la protezione dei minori e la loro dignità, non solo al suo interno, ma in tutta la società e in tutto il mondo».
Anche pochi giorni prima di questo nuovo intervento Francesco aveva riconosciuto che la «sulla pedofilia la Chiesa ha affrontato i crimini in ritardo» precisando che «per questi crimini non firmo grazie» perché chi se ne macchia è «malato». E i malati vanno tenuti sotto osservazione, vanno curati, quando è il caso vanno isolati. Tanti – a cominciare da chi scrive – ascoltando Francesco hanno tirato un nuovo sospiro di sollievo. È finito il tempo di camuffare, spostare da una diocesi all'altra, fosse anche per non scandalizzare il popolo e sperare nella conversione del reo, del chiudere gli occhi davanti alla sofferenza immensa dei bambini.
Possiamo dirci soddisfatti? Assolutamente no. Al Papa non interessa solo liberare la Chiesa da queste persone problematiche. A Francesco interessano i bambini. Tutti i bambini, di tutto il mondo. Il Pontefice ha messo il dito su una piaga puzzolentissima. Le sue durissima prese di posizione sono tenute in seria considerazione nei seminari e nei conventi. Valutare se una vocazione è autentica o è solo un'illusione non è cosa semplice. Discernere chi è stato chiamato da Dio a svolgere la missione di pastore, di guida, di padre spirituale richiede tempo, riflessione, preghiera, competenze. Richiede anche coraggio. Il coraggio di dover dire a un giovane magari buono, generoso, studioso che non è chiamato alla vita sacerdotale, che potrà fare tanto bene nella vita ma non da prete. Il coraggio di parlare con parresìa, schiettezza, alla luce del Vangelo di Cristo.
Tutto questo mette al riparo la Chiesa dall'avere per il futuro tra le sue fila consacrati con una personalità problematica, una sessualità disordinata, una mentalità meschina. «La chiamata di Cristo è per i forti, per i ribelli alla mediocrità e alla viltà della vita comoda e insignificante» scriveva Paolo VI. Il che non vuol dire che è superuomini ma, al contrario, per gente umile, semplice, gioiosa di vivere l'avventura della vita, unica, bella, irripetibile. Che sanno di avere un Padre che veglia su di loro, che considerano gli uomini, tutti gli uomini, fratelli da rispettare, aiutare, amare. La Chiesa, dopo tanta sofferenza, ha capito gli errori del passato, ha chiesto perdono, ha punito severamente chi si è macchiato del delitto di pedofilia, ha tracciato il cammino per il futuro.
Ma le parole del Santo Padre superano i confini della Chiesa. Il suo grido di dolore deve diventare il punto di partenza perché la piaga purulente e dolorosissima della pedofilia e della pedopornografia possono essere estirpate dalla faccia della terra.
A riguardo don Fortunato Di Noto, il sacerdote siciliano, fondatore di Meter, impegnato da 25 anni in questo campo, ha scritto una lettera aperta. Don Fortunato inizia con una domanda: «La pedofilia e la pedopornografia sono un crimine?». Per tanta gente semplice la risposta è scontata: certo che è un crimine. Eppure le cose non stanno così. «Non tutti considerano tale attività a danno dei bambini un crimine... Ancora molti Paesi al mondo non criminalizzano la pedopornografia. Anzi, possiamo dire senza tema di smentita, che essi sono conniventi, distratti e incapaci di dare risposte a questo tragico dramma che coinvolge bambini di pochi giorni a un massimo di età 12/13 anni (prepuberi). Di questo tratta e si nutre la pedopornografia e la pedofilia con l'annesso dramma dell'infantofilia (neonati)» scrive don Di Noto.
Parole durissime che dovrebbero scandalizzare il mondo civile a tutti i livelli, far scendere in piazza per pretendere da questi Paesi – sono decine – che non dispongono di leggi adeguate a fare in fretta, affrontare il problema per il bene dei bambini. Per pretendere dai colossi del Web di non consentire più ai fruitori di pedopornografia di nascondersi, prosperare, navigare con la loro complicità. Dalle parole del Papa deve nascere una coscienza nuova, a livello mondiale. La pedopornografia è diventata un affare milionario a livello mondiale.
Dietro le centinaia di migliaia di foto e di filmati pedopornografici ci sono bambini veri, lacrime vere, tragedie vere di bambini che nessuno conoscerà mai. Non dimentichiamoli. Accogliamoli come se fossero nostri figli. Non voltiamo lo sguardo dall'altra parte. Non pensiamo solo ai drammi di casa nostra. Diamo voce a questi piccoli innocenti che voce non hanno e non avranno mai se anche noi taceremo. Insieme. Mettiamoci insieme, uniamo le nostre voci, le nostre forze, le nostre competenze, gli strumenti di cui disponiamo per porre fine a questa strage silenziosa, disumana, vigliacca degli innocenti.