Passi in Libia. Prudenza e ruolo dell'Ue sono essenziali
Caro direttore, prudenza. La parola d’ordine quando si osserva la situazione in Libia non può essere che prudenza, anche se la nascita del nuovo governo votato il 5 febbraio a Ginevra dal 'Forum del Dialogo Libero' rappresenta un passo avanti rilevante. Il compito del neopresidente Mohammad Younes Menfi, diplomatico considerato 'vicino' al mondo dell’islam politico; e del primo ministro Hamid Mohammed Dbeibah, uomo d’affari già molto influente ai tempi di Gheddafi, sarà quello di gestire un Paese devastato da 10 anni di conflitti fino alle elezioni fissate per il 24 dicembre.
Il 'ticket' Menfi-Dbeibah ha sconfitto, non senza sorpresa, quello rappresentato da Aguila Saleh, presidente del Parlamento di Tobruk, e da Fathi Bashagha, ministro dell’Interno del governo al-Sarraj. Il voto si è tenuto in località segreta e il solo fatto che i 75 rappresentanti del Forum abbiano dovuto riunirsi di nascosto rende l’idea di quanto ancora sia drammatica la situazione, anche per il rischio che i sostenitori delle candidature perdenti non accettino del tutto l’esito del voto.
'Avvenire' ha ricordato come l’Onu puntasse su Bashagha, l’uomo che aveva permesso la cattura del supertrafficante di esseri umani 'Bija'. Il cessate il fuoco deciso il 23 ottobre 2020, la recente formazione del nuovo governo e la decisione di elezioni democratiche alla fine del 2021 sono fatti che dimostrano, pur con tutta la cautela necessaria, un deciso miglioramento della situazione libica. Basti pensare che solo qualche mese fa era in corso una guerra civile tra gli eserciti guidati dall’ex premier al-Sarraj e dal generale Haftar, che rispecchiava anche le divisioni territoriali all’interno della Libia e il sostegno economico e di armamenti che alcuni Stati esteri, in particolare Turchia, Russia ed Egitto, hanno continuato a fornire alle diverse fazioni. L’elemento positivo che spinge a un cauto ottimismo, e che potrebbe dare un contributo rilevante per una pace duratura, è certamente la svolta degli Usa, anche in politica estera, dopo anni di silenzio e di provocazioni. In meno di due settimane dal giuramento, e in tempi più brevi rispetto alle aspettative, Joe Biden ha fatto scelte coraggiose e importanti. Ha smantellato alcune prese di posizione della precedente amministrazione, ha cambiato passo sugli accordi del clima, ha deciso il rientro nell’Oms, ha fermato gli ulteriori lavori al muro col Messico. Soprattutto ha dimostrato non solo di volere un nuovo positivo rapporto con l’Unione Europea, ma anche di essere pronto a intervenire sui temi più esplosivi di politica estera.
È stato un segnale di discontinuità anche il suo intervenuto sulla questione libica, con una richiesta all’Onu per il ritiro delle forze di Russia e Turchia premessa per un intervento nell’intricato scenario mediterraneo. La decisione dell’Onu di inviare un gruppo di osservatori per monitorare l’evolversi della situazione è certamente frutto anche della svolta voluta da Biden. Diventa ora non procrastinabile un ruolo molto più incisivo della Ue, finora troppo balbettante sulle emergenze libiche, tra le quali le condizioni dei migranti che vivono, o sopravvivono, in condizioni disumane. Una politica estera europea reduce purtroppo dalla recente umiliazione subita dall’Alto Rappresentante Ue Josep Borrell a Mosca in occasione dell’incontro avuto con il suo omologo Lavrov sulla vicenda Navalny.
La debolezza, e spesso l’inefficacia, delle prese di posizioni e delle 'sanzioni' Ue è indubbiamente dovuta anche al fatto che le controparti – Russia, Turchia, Egitto ma non solo – sono ben consapevoli dell’incapacità dell’Unione di arrivare a una posizione comune sulle crisi in atto. Proprio per questo, considerando lo specifico quadrante geopolitico, l’Europa deve recuperare al più presto un suo ruolo in Libia e nell’intera regione, come dimostra anche quanto sta avvenendo in Tunisia. La direzione intrapresa, anche con il voto di Ginevra, è quella giusta come ha ricordato Borrell, ma la strada da percorrere è lunga. La Libia ha bisogno del contributo di pace e di libertà dell’Europa, dell’Onu e degli Usa per poterla affrontare con successo. La Libia ha in particolare bisogno anche di un’Italia forte e autorevole e l’Italia ha bisogno di ritornare a essere protagonista. È però necessario, per contribuire efficacemente su temi che ci riguardano molto da vicino, che l’Italia sia credibile non solo a livello nazionale ed europeo ma anche a livello internazionale. Dovrà essere una delle priorità del prossimo Governo, a partire proprio dalla Libia.
Relatore permanente per la Libia per il Parlamento Europeo