Opinioni

Il Papa della «Familiaris Consortio»: attento a valori e sofferenze. Accanto alla famiglia, per illuminare la «via» maestra verso il futuro

Luciano Moia domenica 1 maggio 2011
«Vi ringrazio care famiglie per il sostegno che date anche a me, nel mio servizio alla Chiesa e all’umanità». Lo ripeteva spesso, questo grazie, Giovanni Paolo II. Era il suo suggello per tante omelie e discorsi pronunciati in occasione di incontri e manifestazioni familiari. Non era omaggio formale, ma espressione autentica della considerazione in cui teneva la realtà della famiglia. Il suo amore, la sua attenzione, la sua simpatia nei confronti di sposi, genitori e figli – sul piano umano prima ancora che su quello teologico o pastorale – è stata una complessa e straordinaria sinfonia che lungo ventisette anni di pontificato ha saputo comporre con infinite tonalità, tutte forti e originali. Tutte capaci di incidere in modo profondissimo, anzi indelebile, nel modo di pensare il ruolo della famiglia nella Chiesa e nella società.Tanti, tantissimi i suoi 'primati' familiari. Ha inventato gli incontri mondiali. Ha voluto organismi stabili per la promozione della famiglia e della vita come il pontificio Consiglio e l’Accademia. Ha beatificato la prima coppia di sposi nella storia della Chiesa – Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi – portati all’onore degli altari proprio per le virtù cristiane vissute nell’ambito del matrimonio e della famiglia. Ha donato decine di riflessioni di eccezionale profondità in cui non si è stancato di ribadire il suo pensiero forte verso una realtà che, tra tutte le missioni della Chiesa, considerava – come scrive nella 'Lettera alle famiglie' – «la prima e la più importante». Quella famiglia che – non si stancava di spiegare Papa Wojtyla – non è invenzione umana. ma nasce dalla stessa fantasia del Creatore e quindi rimane «via comune, pur rimanendo particolare, unica e irripetibile, come irripetibile è ogni uomo; una via dalla quale l’essere umano non può distaccarsi».È come una potente ondata di piena il magistero familiare di Giovanni Paolo II. Ma non porta distruzione. Anzi, riprende la riflessione precedente, in particolare il deposito del Vaticano II, e la innerva di concretezza, poi da lì apre nuove strade, schiude prospettive, tratteggia scenari. Nel prossimo ottobre verranno ricordati i trent’anni della Familiaris consortio, il distillato del suo pensiero su matrimonio e famiglia che ha segnato uno spartiacque nella cultura familiare, con effetti pervasivi e persistenti non solo nell’ambito della pastorale, ma anche nella sociologia, nella psicologia e nella politica in formato famiglia. Alcuni richiami di quel testo suonano ancora, tre decenni dopo, come profezie folgoranti.L’impegno per il protagonismo sociale delle famiglie, la necessità di dare forza all’associazionismo familiare erano, all’inizio degli anni Ottanta, non solo obiettivi lontanissimi dal trovare compimento, ma che mai erano stati realmente messi a fuoco. «Le famiglie devono per prime adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni dello Stato non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri delle famiglie». Senza questa mobilitazione, avvertiva il Pontefice, «le famiglie saranno le prime vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare con indifferenza».L’emergenza educativa che oggi siamo chiamati a fronteggiare in tutta la sua drammaticità è figlia anche di quell’indifferenza, di quella riluttanza a scendere in campo con coraggio, nella sfera privata e in quella pubblica, di cui il Papa polacco ci sottolineava tutti i rischi. In questa prospettiva va letto anche il richiamo al problema – trent’anni fa ancora contenuto, oggi dilagante – delle separazioni e dei divorzi. Sofferenze di cui Wojtyla non si nascondeva la dirompente portata sociale ed ecclesiale, ma verso le quali incoraggiava a mostrare «speranza e misericordia». Anzi, arriva per la prima volta nella Familiaris consortio la sollecitazione a non considerare mai le persone che vivono la rottura del proprio matrimonio come «separati dalla Chiesa. Potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita».Anche in questo caso una grande intuizione, una interpretazione capace di rovesciare gli schemi e di illuminare una volta di più la ricchezza e l’originalità di un magistero che, in questa giornata di gioia, ci permette davvero di guardare a Karol Wojtyla come al padre della famiglia cristiana nel terzo millennio.