L’obiettivo del VII Incontro mondiale delle famiglie, che Milano ospiterà dal 30 maggio al 3 giugno, ha il sapore delle sfide decisive. Segnare una tappa fondamentale in quel difficile percorso culturale che punta a ridefinire la pedagogia delle relazioni all’insegna della speranza, in un orizzonte sociale sempre più segnato dalla sfiducia e dalla precarietà. Parlare di festa, di lavoro e di riposo in chiave familiare significa intrecciare tutti gli ambiti di impegno quotidiano, tutti i luoghi e le situazioni dentro e fuori casa, dove genitori e figli sono chiamati a vivere la gioia e la fatica di una normalità alla continua ricerca di nuovi equilibri. Padri e madri sanno quanto sia difficile talvolta tenere la rotta tra i marosi di proposte fuorvianti e le risacche di prassi rassicuranti e consolidate che rischiano però di diventare approdi tanto scontati quanto inefficaci. Ecco perché alle famiglie cristiane del terzo millennio è chiesto lo sforzo di diventare testimoni di quel compromesso alto, in grado di saldare identità e speranza. L’identità si intreccia alle radici che offrono sicurezza e senso d’appartenenza. La speranza offre ali per alzare lo sguardo dello spirito oltre l’orizzonte dei nostri confini abituali, delle nostre piccole certezze, delle nostre rassicuranti insicurezze. Entrambe indispensabili, identità e speranza, per quella che il cardinale Angelo Scola, presentando ieri i vari momenti della presenza di Benedetto XVI all’Incontro mondiale delle famiglie, ha definito urgenza di un «risveglio antropologico». La prospettiva è internazionale, all’insegna di quella mondialità che potrà contribuire a superare i particolarismi e ad arricchirsi nel caleidoscopio delle diverse culture. Il palcoscenico, invece, quello di Milano, avamposto avanzato – almeno per il nostro Paese – di post-modernità e di contraddizioni che spesso per la famiglia diventano percorso a ostacoli, situazioni ad alto rischio di sopravvivenza per coppie e famiglie sempre più disorientate. Talvolta anche per le pretese delle istituzioni di offrire «percorsi alternativi» – come il registro delle coppie di fatto – tanto lontani dalla grammatica delle relazioni e dai principi costituzionali quanto dalle prospettive etiche che fondano la verità dell’amore di coppia. In questa Milano delle famiglie, sintesi di contraddizioni ma anche mosaico di opportunità, la presenza di Benedetto XVI sarà modellata come un originale percorso di rinnovamento attraverso luoghi, simboli e situazioni di una città chiamata a ritrovare se stessa, attraverso un intreccio allo stesso tempo fantasioso nella prassi e virtuoso nella fedeltà ai principi. Al di là dei momenti canonici dell’Incontro mondiale delle famiglie, il primo abbraccio con la cittadinanza in piazza Duomo, pochi momenti dopo il suo arrivo in città nel pomeriggio di venerdì 1° giugno, richiama una serie di impegni non procrastinabili. A cominciare dalla necessità di ri-coniugare radici cristiane e valori civili, secondo quella lunga tradizione – oggi sempre più appannata – segnata da rigore, sobrietà e solidarietà. Più tardi la presenza alla Scala, per il concerto offerto in suo onore, può essere letta non solo come omaggio a uno dei templi cittadini – e mondiali – della cultura, ma anche come sollecitazione a ritrovare il gusto della bellezza autentica, esteriore e soprattutto interiore, che si nutre di gratuità e di capacità di distacco in una prospettiva di crescita spirituale. E poi a San Siro con i giovani cresimandi, il sabato pomeriggio, festa della speranza ma anche crocevia di quell’emergenza educativa che diventa allo stesso tempo impegnativo passaggio verso il futuro. I ragazzi che saluteranno Benedetto XVI dagli spalti dello stadio sono le famiglie di domani, le generazioni chiamate di nuovo a umanizzare il tempo. Il germe che sapremo lasciare nel profondo del loro cuore, anche grazie a momenti come quelli che si vivranno tra poco più di tre mesi a Milano, sarà determinante per la loro capacità di abitare il mondo e per il loro entusiasmo nel contribuire a migliorarlo.