L’auto più venduta. Panda orgogliosa e onesta, come il paese che ci piace
Era il 29 febbraio del 1980, un venerdì. Era rossa, con gli interni beige. Nei giardini del Quirinale, l’Avvocato aprì la portiera e il primo a salirci fu Sandro Pertini. Costava 3 milioni e 970mila lire, quando un operaio della Fiat al mese ne guadagnava 350mila. A Palazzo Chigi c’era Francesco Cossiga, l’Italia stava uscendo dagli Anni di piombo ed entrava negli Ottanta dove sembrava tutto più bello. Che nostalgia, non di tutto però. Lei era piccola, ma si capiva che aveva un cuore più grande.
Squadrata, semplice e un po’ rustica: gli italiani si innamorarono alla velocità di un colpo di clacson, perché aveva e ha l’aria simpatica, ma soprattutto perché è coraggiosa e pronta a tutto, anche ai lavori più umili. Entra nei garage, non se ne andrà più. Ora che ha attraversato tre generazioni è sempre in testa: costa poco, non pochissimo, meno di quasi tutte le altre, comunque. E oggi è una quasi 44enne felice di guardare tutti dall’alto, consapevole di essere il contrario della moda. Onesta e orgogliosa come vorremmo che fosse questo Paese precario che ha più bisogno di certezze che di svolte.
L’orsetto sempre in via d’estinzione non c’entra nulla. La chiamarono così perché la dea che porta il suo nome per gli antichi romani era la protettrice dei viaggiatori e delle strade. Nata in fretta e furia, in uno scenario ostile circondato da turbolenze sindacali da semaforo rosso, fu una delle tante intuizioni geniali della matita di Giorgetto Giugiaro, abilissimo a modellare una manciata di lamiere per trasformarle in una scatola magica con quattro ruote sotto. “Pandere”: in latino aprire, spiegare, far conoscere. Questo volevamo, questo ci diedero insieme a un volante. Capimmo allora che semplice era un valore aggiunto, che si chiamava utilitaria perché era prima di tutto utile, che il pragmatismo si poteva anche guidare. E che con quello si andava dappertutto, pure in salita, anche se la strada era faticosa. Specie se la trazione era integrale.
Certo, mai stata veloce. Ci sono voluti 23 anni alla Fiat per battezzare la seconda generazione. E dieci per la terza, undici per la prossima. Ma chi va piano non ha mai orizzonti vicini. «Se non ci fosse, bisognerebbe inventarla», diceva di lei un vecchio slogan pubblicitario. Ma c’era, c’è sempre stata. Per rappresentare la base, il livello di ingresso della più alta forma di libertà che esista: quella di muoversi. Oggi vorrebbero togliercela, quella libertà a motore, con la scusa – in certi casi fondata – che ci appesta l’aria. E lei infatti si aggiornerà presto, mettendosi una spina nel petto. Sarà (anche) elettrica, diversa, più grande e più alta purtroppo, chissà se ancora con la sua anima candida. Ma di un altro mondo.
Pazienza, conta solo che sopravviva. Perché 102mila e 625 italiani nell’anno appena concluso l’hanno scelta ancora: da sempre è l’automobile preferita in assoluto, e continua a vendere più del doppio della seconda in classifica. Magia della Panda, l’Italia che resiste.