Migranti e sanzioni. Salvano vite e vengono puniti. Lo “strano caso” della Open Arms
L’ottusa applicazione di una norma sbagliata e ingiusta. I fatti drammatici e disumani. Ancora una volta la cronaca dei soccorsi in mare vede scontrarsi queste due realtà opposte ma, purtroppo, sempre più legate. In mezzo uomini, donne, bambini che anche in queste settimane affrontano mare in tempesta, venti fortissimi, freddo. Altri uomini li salvano, ong e Guardia costiera. Altri ancora, freddi burocrati, penalizzano chi li salva, obbedendo supinamente alle direttive politiche.
L’ultimo episodio ha riguardato l’Open Arms, l’imbarcazione della ong spagnola Proactivia. Sabato soccorre e salva in acque internazionali 57 persone, tra le quali 5 minori, a bordo di 3 piccole imbarcazioni. Da Roma i grigi e solerti funzionari indicano Brindisi come porto dove effettuare lo sbarco. Ancora centinaia di miglia con onde di 4 metri e vento a 35 nodi. Una tortura per chi ha già subito violenze dalle milizie e dai trafficanti libici. Tortura meteomarina. Le immagini da bordo della Open Arms sono più che esplicite, col mare grigio e cupo che inonda l’imbarcazione inzuppando chi già era inzuppato dal viaggio sui gusci di legno. Gli operatori segnalano queste condizioni, i rischi, le ulteriori fatiche e sofferenze dei migranti. Dopo un giorno arriva la risposta positiva, Open Arms può sbarcare a Crotone. Qualcuno dalla Calabria ha consigliato Roma? Non è da escludere.
Già nel passato abbiamo segnalato una diversità di comportamento, e di sensibilità, tra chi in divisa salva in mare, tra onde e tempeste, e chi a Roma, nella calda comodità degli uffici, decide freddamente l’applicazione di norme ingiuste. Questa volta sembrano prevalere i primi. Ma, come spesso accade, in cauda venenum. Non bastasse il viaggio, anche lo sbarco diventa difficile per il forte vento di tramontana. Solo dopo operazioni complesse del bravo comandante, la scaletta può essere calata e uno alla volta, accompagnati dall’equipaggio, i migranti scendono a terra. Finalmente. Avvolti nelle coperte, camminano a fatica, barcollano. Ma sono salvi e in un porto sicuro.
Operazione chiusa per gli operatori di Open Arms. Applausi? Bravi? No, tutt’altro. Perché da Roma si vuole “vincere”. Così salgono a bordo uomini delle forze dell’ordine per accertare se, per mettere in atto l’operazione di soccorso, siano state violate le norme contenute nel “Decreto Piantedosi”.
Ma c’è poco da accertare, perché dopo poche ore viene emesso un provvedimento di fermo amministrativo per venti giorni e una sanzione che potrà arrivare fino a 10mila euro. Evidentemente già deciso a Roma. L’accusa è di aver ostacolato una motovedetta libica nel soccorso a una quarta imbarcazione con 45 persone. Segnalazione fatta proprio dai libici e creduta da Roma.
Open Arms sostiene, invece, di aver inviato un proprio gommone di soccorso proprio su richiesta di Mrcc Roma ma una volta constatata la presenza dei libici, di aver fatto immediatamente rotta verso la nave madre. Nessun ostacolo, dunque, anche se l’ong denuncia come la sanzione “legittima una pratica vietata dalla Convenzione di Ginevra che espressamente proibisce di catturare e riportare persone vulnerabili nel luogo dal quale sono fuggite. Sappiamo ormai tutti che cosa accade nei centri di detenzione libici e quali sono le milizie che gestiscono il traffico di esseri umani travestiti da guarda coste”.
Sembrerebbe, dunque, un caso diverso da quello di poco più di un mese fa quando la “Humanity 1” della ong tedesca Humanity Sos era intervenuta per salvare alcuni migranti che si erano gettati in acqua per evitare di essere riportati indietro da una motovedetta libica. Anche allora era scattato il fermo amministrativo per venti giorni, sempre nel porto di Crotone, e una multa di 3.300 euro.
Dalla sanzione per un intervento di salvataggio ora si passa a quella per un tentato intervento di salvataggio? Gran brutto segnale. Applicazione rigida dei decreti sulle ong proprio a pochi giorni dal primo anniversario della strage del 25-26 gennaio 2023 sulle coste di Steccato di Cutro, 94 morti per soccorsi tardati, sbagliati. C’è un’indagine in corso per accertare le responsabilità, sul perché non si riuscì a salvarli, mentre si continua a partire e chi invece continua a salvare viene assurdamente sanzionato. Ben 15 fermi amministrativi in un anno. Ma tutto questo non fa notizia. Non quanto il traghetto che sabato ha rischiato di ribaltarsi, per le onde e il vento, nell’approdo nel porto dell’isola di Ponza. I video impazzano sui social. Scene da film. Mentre con le stesse onde e con lo stesso vento centinaia di migranti continuano a partire e a morire senza riflettori accesi. Ma questo non è un film.