Opinioni

Editoriale. L'Onu e i prodromi di una riforma: luci e ombre del summit di New York

Pasquale De Sena mercoledì 25 settembre 2024

Pasquale de Sena

A distanza di quasi un anno dall’inizio dei suoi lavori preparatori, il “Patto per il futuro” delle Nazioni Unite è stato varato domenica scorsa con l’ambizioso intento di delineare, al livello multilaterale più elevato, obbiettivi e contenuti dell’evoluzione del diritto internazionale nell’immediato futuro, a completamento e integrazione dell’Agenda 2030. Al Summit di New York hanno preso parte, oltre ai rappresentanti degli Stati membri dell’organizzazione, anche esponenti di organizzazioni non governative e di altri soggetti interessati, coinvolti nei suddetti lavori. Peraltro il Patto ha assunto la forma di una risoluzione dell’Assemblea generale, essendo stato adottato ad opera dei soli Stati, e per consensus; vale a dire, senza votazione, in assenza di opposizioni apertamente manifestate.

Come accade di regola per questa categoria di atti, in cui rientra anche l’Agenda 2030, esso non risulta dunque dotato di carattere formalmente vincolante. Malgrado ciò, è indubbio che l’iniziativa, decisa dall’Assemblea generale già nel settembre 2022, rivesta un rilevante significato politico. Con le due guerre in Ucraina e a Gaza in pieno svolgimento, e con la crisi, di lunga data, delle principali istituzioni internazionali multilaterali, il Patto è chiaramente preordinato a rilanciare queste ultime, in particolare le Nazioni Unite, e quelle facenti capo all’Onu. Proprio per questo motivo, si spiega il tentativo russo di limitarne la portata, mediante una mozione volta a sottoporlo al limite generale del non intervento delle Nazioni Unite nella giurisdizione interna degli Stati. Tale tentativo, che non ha avuto successo, essendo stato appoggiato da soli sette Stati (con 143 Stati contrari, guidati dal Congo, e 15 astenuti, fra cui la Cina), era giuridicamente inutile, dato il carattere generalissimo e programmatico delle azioni previste.

Tuttavia, esso ha inteso veicolare un chiaro messaggio per eventuali seguiti, riaffermando la rinnovata contrarietà, non solo russa, ma tradizionalmente anche cinese, rispetto a sviluppi ulteriori a livello multilaterale, soprattutto in tema di diritti umani. Per quanto la stessa Russia, alla fine, non vi si sia opposta, neppure il Patto, del resto, può essere salutato, di per sé, come un grande successo delle Nazioni Unite e del mondo occidentale. È bene ricordare che a esso si è dovuto far ricorso, oltre che per rilanciare le istituzioni multilaterali, per ribadire l’urgenza di attuare l’Agenda 2030, su molti piani, a partire da quelli – fondamentali nel quadro dello sviluppo sostenibile – della transizione ecologica e della riduzione della povertà.

D’altronde, anche in tema di riforma di dette istituzioni, non affiorano particolari novità. Due esempi per tutti: una maggiore rappresentatività del Consiglio di Sicurezza e le modifiche da apportare all’architettura del Fondo monetario internazionale sono esigenze avvertite da lungo tempo, rispetto alle quali, nel Patto, non sono rinvenibili indicazioni concrete, al netto del rilievo attribuito ai Paesi africani e a quelli in sviluppo. Né va taciuto che, a dispetto dei buoni propositi, la prospettiva di un ruolo delle Nazioni Unite nella riforma del Fondo è stata esclusa. Pure in tema di ambiente, le lacune non mancano: si pensi all’assenza di riferimenti diretti al nesso fra cambiamento climatico e povertà, e alla spinosa questione della ripartizione degli oneri della transizione ecologica, anche all’interno degli Stati; e si pensi, altresì, al silenzio sul ruolo delle comunità locali nelle decisioni rilevanti. Di maggior significato, in un momento storico come questo, sono, invece, l’accento posto sulla prospettiva del disarmo, nucleare e non, e, su un altro versante, la stessa presenza di un consistente abbozzo di “Digital Compact”, che integra l’Agenda 2030.

Molto si potrebbe naturalmente aggiungere su altri, singoli punti. Basti qui ribadire che il richiamo del Patto al multilateralismo è di notevole importanza su un piano più generale. Altro è capire se l’attuale frammentazione della comunità internazionale, e la chiara tendenza degli Stati più forti del sistema a sfuggire alle loro speciali responsabilità, consentiranno di darvi seguito, in forme giuridiche pregnanti.