Il direttore risponde. Oltre la seria disputa sulle unioni civili: laiche «eccezioni» e compito dei cristiani
Caro direttore,
lungi da me l’intenzione di sminuire l’importanza dell’accesa discussione sulle unioni civili. Semmai il contrario. Proprio per marcarne il rilievo, vorrei tuttavia proporre qualche quesito che sta a monte o al fondo di essa, per un attimo sospendendo la disputa di merito sul ddl Cirinnà e sulla battaglia politica in corso. Si sprecano sondaggi e si moltiplicano partecipate manifestazioni di opposto segno. Invidio chi, con tono apodittico, sostiene che la società sarebbe più avanti della politica (tradotto: decisamente favorevole al ddl Cirinnà). Altri sostengono l’esatto contrario. Davvero non so. Più prudentemente, mi limito a due dati sicuri ai miei occhi: la vivacità del confronto che talvolta si spinge sino a una certa intolleranza reciproca e la oggettiva rilevanza etico-antropologica della questione. Entrambi danno ragione a Massimo Cacciari che ha parlato di «modernismo d’accatto», di acritico allineamento al mainstream.
Egli, pur favorevole a disciplinare le unioni, denuncia il vistoso scarto tra la carica emotiva investita dalle parti e la penuria di argomenti razionali, un inadeguato scavo alle radici che pure sarebbe richiesto da un rivolgimento oggettivo – giusto o sbagliato che sia – di taluni capisaldi della nostra secolare civiltà (amore, famiglia, relazioni di coppia, differenza sessuale, genitorialità).
Come notavo, non so come la pensino gli italiani. Constato invece una chiara polarizzazione delle opinioni al riguardo tra destra e sinistra politica. Mi chiedo se anche qui non vi sia traccia di una certa pigrizia: una destra più tradizionalista che liberale protesa a occupare un territorio simbolico ed elettorale e una sinistra sensibile più ai diritti individuali che alle ragioni della coesione sociale di cui la famiglia costituisce un perno. Merita segnalare una eccezione, ma appunto una eccezione, nel campo laico e di sinistra: quella di Beppe Vacca e Mario Tronti, due autorevoli intellettuali di matrice comunista, che, in verità non da oggi, si mostrano pensosi e critici verso le derive di una cultura politica di sinistra che non si misura con la questione antropologica. Al punto da essere definiti ironicamente ma non troppo “marxisti ratzingeriani”. C’è poi un problema che riguarda il Pd. Nel solco dell’Ulivo, esso fu costituito sull’asse laici-cattolici e ora non disdegna di assurgere a “partito della nazione”.
Dunque lo si immaginerebbe restio a operare strappi nel Parlamento e nel Paese. Curioso che tale partito, oggi guidato in forma leaderista da Renzi, abbia affidato la questione a esponenti che non si sono segnalati per equilibrio e tensione inclusiva. Impegnati in ruoli istituzionali, essi sono andati in piazza e in una piazza sola. Ancora sorprende la sordità del Pd alla voce di pastori certo non sospetti di tradizionalismo/clericalismo né di avversione politica. Pastori sintonici con papa Francesco, tanto e giustamente apprezzato da quelle parti. Infine, un problema che riguarda più precisamente la comunità cristiana. Piaccia o non piaccia, essa vieppiù misura la sua condizione di minoranza. Talvolta persino mal sopportata e fraintesa come oscurantista e omofoba. Quantomeno rispetto al pensiero dominante nelle élite e nei circoli mediatici. Non ci si deve sorprendere. Tantomeno si deve cedere allo sconforto o al risentimento. A ben riflettere, eravamo avvertiti da talune metafore evangeliche come il seme, il lievito, il piccolo resto. E avremmo dovuto da tempo sapere che non si può confidare più di tanto nella pretesa/illusione, da parte dei cristiani, di umanizzare la società dall’alto con gli strumenti della legge e del potere.
Franco Monaco - deputato del Pd