Botta e risposta. Ogni persona è dono e la Chiesa è casa di tutti, anche omosessuali
Gentile direttore,
sono un sacerdote ormai anziano in età che segue da tanti anni il quotidiano “Avvenire”, apprezzandolo, difendendolo talvolta da critiche ingiuste e cercando di diffonderlo per quello che si può. Ottima l’idea, negli scorsi mesi, di poterlo seguire gratuitamente nella forma digitale. Esprimo però il mio dissenso dal titolo a pagina 18 del giornale di sabato 23 maggio con la presentazione di un libro sul tema dell’omosessualità di persone credenti. Mi sembra un titolo fuorviante. Il libro con tutte le riflessioni sul tema di esperti e teologi apparse nell’inserto “Noi, Famiglia&Vita” ha certamente affrontato i molteplici aspetti in questo tema così delicato. Ma quel titolo mi sembra dimenticare che è in gioco un comportamento moralmente negativo che sconvolge la vita morale e l’equilibrio della persona che agisce in questo modo. Certamente tali persone, essendo nostri fratelli e sorelle, non vanno emarginati e discriminati, ma dove è possibile, vanno anche esortati a non cedere a questi comportamenti che vanno contro la legge di Dio. Chiamiamo i fatti e i comportamenti con il loro nome per evitare che questo modo di vivere sia banalizzato e sia quasi accettato tranquillamente. Lo stile di “Avvenire” dev'essere sempre equilibrato, corretto, rispettoso e chiaro in campo morale, affermando la verità anche quando può andare controcorrente, condannando i comportamenti negativi, anche se mai discriminando o perseguitando nessuno. Cordiali saluti.
Gentile e molto reverendo don Paolo, grazie per l’attenzione con cui ci segue e del sostegno che ci offre. Il direttore mi incarica di risponderle e mi prega di dirle che è felice in egual misura per il suo apprezzamento, per la sua difesa attiva delle buona causa che cerchiamo di servire e per la franchezza con cui ci chiede ragione di una nostra scelta. Vengo subito al punto. Sono naturalmente d’accordo con lei per quanto riguarda l’esigenza di affrontare gli argomenti più spinosi – come in questo caso l’accoglienza pastorale delle persone omosessuali – con rispetto ed equilibrio. Il titolo a cui lei fa riferimento «Gli omosessuali? La diversità è ricchezza» riprende un passaggio dell’intervista del cardinale Matteo Maria Zuppi che apre il libro su “Chiesa e omosessualità. Un’inchiesta alla luce del magistero di papa Francesco”, nato da una serie di approfondimenti tematici sviluppati sulle nostre pagine. L’arcivescovo Zuppi spiega che l’accoglienza nelle comunità cristiane dovrebbe prendere ispirazione da quello che succede in famiglia, «dove ciascuno è simile ma diverso», e dove la diversità di ognuno è un dono per la ricchezza della comunità. Ecco, perché lui dice, è giusto integrare le persone omosessuali credenti nella pastorale ordinaria, proprio come in famiglia si accolgono le diversità di ciascun figlio, perché la carità si può e si deve esercitare anche nelle difficoltà e persino nelle conflittualità. Quel titolo non esprime, dunque, una valutazione etica dei comportamenti omosessuali. La distinzione tra atti e orientamenti è – lo sappiamo bene anche noi, caro don Paolo, pur senza la sua sapienza – un punto fermo della teologia morale. Ma, scrive Zuppi, «un orientamento sessuale – che nessuno “sceglie” – non è necessariamente un atto». Quindi accogliendo una persona «non possiamo prescindere dal suo orientamento». Che non vuol dire giustificare il peccato, ma aiutare tutti – e qui, sì, a prescindere dall’orientamento sessuale – a trovare il modo migliore «per fare la volontà di Dio nella propria vita», come scrive il Papa in Amoris laetitia . Si tratta di un compito impegnativo e difficile, certamente, perché obbliga le nostre comunità, cito ancora Zuppi, «a guardare le persone come le guarda Dio, anche le persone omosessuali». E questo, come dice lei, proprio per cercare e affermare la verità e condannare i comportamenti negativi senza discriminare nessuno. Neppure chi ha un orientamento sessuale diverso, perché proprio questa sua diversità può rappresentare una ricchezza sollecitandoci a riflettere, con umiltà, sulla nostra concreta umanità e sulla varietà dei doni e delle prove che Dio ci manda. La sintesi di quel nostro titolo, che lei considera “fuorviante”, può non aver reso giustizia a un tale ricchezza e solidità di approccio al problema della fede delle persone omosessuali e del loro cammino di credenti nella Chiesa, ma il nostro lavoro è esattamente questo e così la nostra intenzione. Ricambio, anche a nome del direttore, il suo cordiale saluto.