Opinioni

Il direttore risponde. L’odore (e sorriso) dei bambini rom. I doveri anche di chi scrive

Marco Tarquinio venerdì 13 dicembre 2013
Caro direttore,
Sara, la nipotina di otto anni, vuole sempre vedere a computer i bambini rom che anni fa ho fotografato al campo abusivo di via San Dionigi. Ho chiesto il perché dell’insistente richiesta, una sorpresa la risposta: «Sorridono sempre». Il sorriso di tutti i bambini – rom o no – è sempre disarmante, spiazzante e comunicativo. Voglio parlarle di una delle «periferie esistenziali» che papa Francesco ci sprona a frequentare e visitare. Il sorriso dei bambini è un po’ come l’«odore delle pecore» che un pastore deve riconoscere con il proprio fiuto. Per fare questo – dice papa Francesco – è necessario essere a contatto fisico e spirituale con il gregge, senza allontanarsi. Nel recente sgombero dei due campi rom abusivi nel quartiere di Musocco-Certosa, non solo c’è stata "una sconfitta per tutti", ma si è persa la capacità di sentire l’odore dei bambini rom che venivano sgomberati e, di fatto, traumatizzati e rifiutati. Non si tratta di colpevolizzare i cittadini che giustamente hanno bisogno di sicurezza. Ma come le autorità di Milano hanno sentito e organizzato il loro bisogno sfociato in uno sgombero, avrebbero dovuto sentire che esiste il bisogno, la necessità e il dovere di creare un’alternativa credibile e percorribile allo sgombero. Così non è stato per tutti i rom! Quando si dice che i bambini sono il futuro, si afferma una verità anche per i bambini rom. Lo sgombero è stato un attentato al loro futuro. Se giornalisti e uomini di Chiesa fossero stati davvero presenti e consapevoli, avrebbe visto il volto impaurito dei bambini e respirato l’odore della sporcizia che indossavano. E io penso che un cronista dovrebbe essere presente non solo durante uno sgombero, ma soprattutto dopo, per seguire, fiutare, ritrovare e raggiungere l’odore dei bambini rom lungo il sentiero della loro "periferia esistenziale", altrimenti la cronaca si allontana dalla verità. Giustamente Luciano Gualzetti – direttore di Caritas Ambrosiana – dice: «Questi problemi sono grandi, di difficile gestione e soluzione, nessuno ha la bacchetta magica e quindi vanno gestiti quotidianamente, altrimenti si arriva agli interventi di rottura. Bisogna saper tenere la situazione sotto controllo, entrare nei campi con operatori qualificati che fanno un censimento, valutando situazione per situazione quale può essere l’alternativa. È chiaro che vi sono spese, ma si spende di più quando si deve sgomberare piuttosto che accogliere...».
«Ma che problemi hai?», è l’ultima canzone che ci ha lasciato Enzo Jannacci il ritornello è commovente, lo cito perché è un corollario calzante a questi pensieri in libertà. «Desolato se non trovo la risposta ai tuoi problemi. Desolato se il mio canto ha degli alibi sinceri. Desolato se il sole non ti scalda più di tanto. Desolato se la vita a me piace ancora tanto». Non so dove saranno quei bambini rom questo Natale. Con l’immaginazione non escludo che a Betlemme, in una grotta di periferia nella Palestina, attorno a Gesù nella mangiatoia spuntino i sorrisi, i volti, dei bambini rom e il loro odore profumi tutta la stalla.
Silvio Mengotto, Milano
Le sono davvero grato, caro Mengotto, per questa riflessione e per l’«odore» che trasmette. L’odore che precede e avvolge i sorrisi di quei poveri bimbi di Milano che i bimbi rom sono, tanto quanto ogni altro bimbo. Queste parole e ciò che evocano sono un garbato, ma urgente promemoria per tutti noi che ci diciamo civili e cristiani e soprattutto per quanti fanno il nostro mestiere di cronisti. So bene che in questi casi, davanti all’«illegalità» di un campo nomadi che umilia le regole e le stesse persone che ci vivono, tanti arricciano il naso, stringono gli occhi e chiudono i pensieri. E invece bisogna saper fare l’esatto contrario: annusare la vita di quei piccoli, aprire gli occhi, spalancare i ragionamenti. E trovare soluzioni che non possono mai essere buone e vere quando conducono allo strappo brusco e, come in altri drammatici casi, al sacrificio di un "bene" – sempre i bimbi, sempre i bimbi... – a vantaggio di un altro bene – la serenità di tanta buona gente. Ma la nostra buona gente in cuor suo e non appena guarda l’altro in volto sa ancora che cos’è umano e cosa non lo è. E non dimentica che una giustizia che non si ferma e non si fa più acuta e tenera davanti ai piccini, non è giustizia.