IL DIRETTORE RISPONDE. Occhi aperti sulla terra dei fuochi
Caro direttore,
la prego di tenere alta l’attenzione sui roghi tossici che ogni notte devastano la mia, anzi la nostra terra. Abito ad Aversa e qui l’estate sembra essere insopportabile. Non sa quanta rabbia e disperazione provo a dover respirare l’aria della notte, un senso di impotenza che devasta l’anima. L’unica via è quella di creare attenzione su tutto questo, un’attenzione che però sia a lungo termine e che non sia solo lo "scoop" del mese. Per questo la prego di continuare in ciò che per fortuna ha pensato di iniziare. La prego vada avanti per tutti noi. Grazie.
Marco Zago, Aversa (Ce)Gentile direttore,
inutile negare che la gente (e io non faccio eccezione) ha un’opinione dei giornalisti sempre più negativa, e non per colpa nostra, ma della categoria: spesso imprecisa, vaga, prona, attenta ai poteri forti, insensibile a quelli deboli. Basti vedere come in televisione (ma anche sui giornali) si sta attenti a non fare mai domande scomode e comunque a non ripeterle se l’intervistato ha glissato… Ma questa volta tanto di cappello. Mi riferisco all’inchiesta impressionante e dettagliata di Valeria Chianese, che ha dato consistenza all’allarme (già di per sé impressionante) di Maurizio Patriciello, e anche alla pagina di approfondimento scritta da Antonio Maria Mira. Fatti, non aria fritta, scritti con coraggio e senza paura di pestare i piedi ai clan o alla massoneria. Mi sorge allora una considerazione: se tutti i media, così come fa Avvenire, ci garantissero la stessa onesta testardaggine nel denunciare ciò che non va e nel controllarne gli sviluppi, l’Italia andrebbe senza dubbio molto meglio. Mi risponda, se può, caro direttore: non sarebbe questo il vero scopo del giornalismo? Non è questa la sua anima? Grazie a lei, a Chianese, a Mira e agli altri vostri colleghi impegnati. E non demordete!
Grazie, cari amici, per l’attenzione, l’apprezzamento e l’incoraggiamento che riservate a noi e al nostro lavoro. Penso da sempre che i giornali debbano fare tutto il possibile, e anche di più, per raccontare «fatti non aria fritta» (anche se stavolta – ed è una constatazione amarissima – i fumi tossici della "terra dei fuochi" l’aria la stanno letteralmente friggendo in modo indegno).
E penso anche che i giornali debbano saper stare ai fatti con continuità e non guardando solo ai piani alti, ma anche a quelli bassi e, terra terra, alle strade delle nostra Italia e del mondo. Si scoprono, e si riscoprono, tante storie belle e brutte e volti e scelte che vale la pena di raccontare. Non c’è da essere (o da atteggiarsi) a eroi, basta fare sul serio i cronisti. Vogliamo chiamarla cronaca con l’anima? Ma sì, mi pare il nome giusto.