Governo, sindacati, imprese. Morti sul lavoro: aprire subito il «cantiere sicurezza»
Caro direttore, altre tre vite spezzate ieri a Chieti, dopo la strage di Brandizzo, e senza che la strisciante, invisibile scia di sangue nei luoghi di lavoro abbia minimamente rallentato. «Le vittime ci dimostrano che non stiamo facendo abbastanza; lavorare non è morire»: il grido di allarme del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non è più un semplice monito. C’è una indignazione profonda in queste parole, l’amarezza di chi, da anni, si impegna per abbattere un muro fatto di convenienza, di profitti, di inerzie e connivenze. La rabbia di chi, dopo tanti appelli, dopo aver sentito tante promesse dalla politica, sa che quel muro è ancora lì. Più alto di prima.
Viviamo in un Paese dove dall’inizio dell’anno sono già state spezzate 700 vite. Dove continuano a cadere nelle fabbriche, sui campi, nei cantieri, più di 3 persone al giorno. Dove la legge resta solo sulla carta in nove ispezioni su dieci. Dove infortuni e malattie professionali fanno più di 10 vittime al giorno e la logica del profitto prevale troppe volte sulla vita delle persone.
La sferzata del Capo dello Stato getta luce sulle ferite di un Paese sfregiato nei valori di democrazia, partecipazione e coesione. E denuncia le lentezze, per non dire le stasi, che ci chiamano oggi a un dovere supremo: quello di unirci, di alzare il livello del contrasto, di costruire insieme, senza egoismi e in spirito Repubblicano, una strategia nazionale degna di questo nome.
Non c’è davvero più tempo, se vogliamo che le cose cambino e che la ricostruzione sia fatta insieme e non sui corpi dei lavoratori. Un tavolo aperto c’è, e il Governo sa che è lì che vanno trovate le soluzioni, tra le proposte unitarie del sindacato, nei contenuti di una piattaforma solida, concreta, immediatamente applicabile.
E allora: va rafforzato l’esercito di ispettori e medici del lavoro, elevando la qualità del coordinamento tra soggetti chiamati a fare i controlli. Bisogna incrementare le pene per il lavoro nero e grigio, visto che oggi siamo fermi a ininfluenti sanzioni pecuniarie. C’è da istituire una patente a punti per qualificare le imprese e legare il “rating” sociale agli appalti. Occorre fare un grande investimento sulla formazione, introducendo la materia anche nei programmi scolastici. Ancora: vanno sviluppate e sostenute nuove forme di partecipazione che diano ai delegati dei lavoratori maggiori poteri decisionali e di controllo.
Le risorse vanno trovate, perché se c’è qualcosa che dovrebbe aver insegnato questo triennio è che il valore della vita è innegoziabile. Può di certo essere d’aiuto il “tesoretto” Inail che ogni anno viene assorbito dalla contabilità dello Stato per coprire il debito pubblico. Sono soldi dei lavoratori, oltre 15 miliardi negli ultimi 10 anni, che devono essere totalmente impegnati su salute e sicurezza.
All’inizio della pandemia, ormai tre anni fa, abbiamo voluto stabilire nei protocolli sulla sicurezza un riferimento assoluto. Ovvero l’obiettivo di far diventare ogni luogo di lavoro – sia esso fabbrica o ufficio, campo o cantiere – il posto più sicuro in assoluto per la persona. Principio sottoscritto dalle aziende. Principio oggi tradito in moltissime realtà, che mettendo in pericolo i lavoratori non solo compiono un atto illecito e infame, non solo danneggiano le realtà sane, che rispettano le regole e che per fortuna sono tante. Ma danneggiano anche se stesse. Perché dove l’occupazione non è ben contrattualizzata, tutelata e formata, il lavoro è insicuro, e mancano anche qualità di prodotto e competitività. Perché un macchinario più sicuro, tecnologicamente più avanzato, è anche più produttivo. Perché un lavoratore che “si sente parte dell’azienda”, che si sente rispettato, coinvolto, tutelato da un contratto, lavorerà con maggiore entusiasmo. Al Governo chiediamo di accelerare e dare esiti concreti nel confronto. E al mondo delle imprese di aprire un cammino comune che faccia leva anche sulla contrattazione e un’evoluzione partecipativa delle relazioni industriali. Il “cantiere sicurezza” va aperto insieme, e deve dare subito risultati. Ogni giorno che passa la lista dei nomi delle vittime diventa più lungo: è tempo di interromperla una volta per tutte, e di restituire dignità al Paese.
Segretario Generale Cisl