Europa. I nuovi equilibri tra Roma e Bruxelles dopo la nomina di Fitto
Anche il secondo step verso la nascita del nuovo governo europeo si presta a valutazioni complesse, che richiedono equilibrio e prudenza. Ursula von der Leyen ha affrontato e sciolto con piglio nodi politici seri, primo fra tutti l’allargamento della Commissione ai Conservatori senza terremotare il rapporto con Socialisti e Liberali. Allo stesso tempo, però, è difficile dire se il lavoro di equilibrismo riuscirà a tradursi in un’azione di governo lineare ed efficace nonché in grado di rilanciare l’immagine delle istituzioni europee presso i cittadini. La politica tedesca è stata abile a rimuovere veti e persino – come accaduto con la Francia – a scegliersi profili più compatibili con la propria visione strategica, ma sarà una sfida ardua far marciare in un’unica direzione, e concreta, un puzzle abbastanza eterogeneo di sensibilità e interessi.
Dalla visuale italiana, è legittimo che la premier Giorgia Meloni abbia accolto la nomina di Raffaele Fitto con il sapore della rivincita rispetto a chi la riteneva già sconfitta nei nuovi assetti europei: il ruolo del ministro italiano (che dovrà lasciare il governo quando l’Europarlamento lo confermerà nel ruolo che gli ha dato Von der Leyen, lasciando una voragine non da poco) è oggettivamente di peso. Si tratta, in sostanza, di un punto di incontro tra le legittime aspirazioni di un Paese fondatore ed economicamente rilevante come l’Italia e alcune delle preoccupazioni di chi contribuisce al perimetro della maggioranza-Ursula. Fitto riceve pienamente le deleghe per la Coesione e le Riforme e metterà mano al Pnrr ma insieme al lettone Valdis Dombrovskis, un custode del rigore e delle nuove regole di governance economica.
Insomma, anche in questo caso la valutazione deve essere equilibrata: il governo si reintroduce nella partita europea, Fratelli d’Italia e Meloni - con la sponda del Ppe e di Forza Italia - vengono rilegittimati da Ursula von der Leyen, ma il fronte più marcatamente europeista conserva un proprio margine di cautela. Equilibrio vuole anche che si riconosca il buon portafoglio italiano, senza però oscurare i portafogli più che buoni, ad esempio, di Spagna e Polonia, i cui capi di governo sono stati protagonisti della nascita del Von der Leyen II.
Ci sono considerazioni condivisibili sotto il desiderio che la premier ha di saldare i conti con chi l’ha accusata di aver isolato il Paese prima astenendosi su Von der Leyen in Consiglio Europeo, poi spingendo Fratelli d’Italia a dire “no” al bis della politica tedesca nella prima, delicata votazione dell’Europarlamento. Tuttavia, più in generale, andrebbe sottolineata la cattiva abitudine di esasperare alcune dinamiche della politica europea a scopo di propaganda interna - accade anche con la destra all’opposizione -, facendo finta di dimenticare che il miglior garante dell’Italia in Europa… è proprio l’Italia. Lo ripete un giorno sì e l'altro pure il capo dello Stato, Sergio Mattarella, che lunedì ha ricevuto Fitto dando un chiaro segnale di compattezza delle istituzioni nazionali in sede europea.
Va detto che il profilo di Fitto ha aiutato sia Von der Leyen sia Meloni, e pure i Socialisti e i Liberali che temono sì lo slittamento a destra, ma che certo non possono far cascare fragili equilibri per motivi di tattica politica. Il ministro pugliese è certo un rappresentante dei Conservatori, ma viene da una storia moderata, fatta di interlocuzioni mai chiassose con Bruxelles. Il passaggio dal Pnrr di Mario Draghi al Pnrr di Giorgia Meloni, ad esempio, si prestava eccome a polemiche chiassose, eppure Fitto non si è lasciato trascinare.
Chiaro che mandando a Bruxelles un suo uomo di punta, Giorgia Meloni si assume nei fatti il proprio pezzo di responsabilità nel governo europeo. Difficile che la premier e FdI possano ancora percepirsi “opposizione” a Von der Leyen. Perciò la nomina di Fitto e le sue deleghe, mentre rappresentano un “successo”, sanciscono anche l’ingresso in terre nuove. Ad esempio, i chiarimenti che il politico italiano fornirà durante le audizioni europarlamentari propedeutiche alla sua nomina ufficiale avranno valore vincolante anche per il governo italiano? Le posizioni che Fitto dovrà assumere sul Green deal, per dire di un tema-chiave, rispecchieranno l’intera maggioranza o solo un pezzo? Rappresenteranno in sintesi un nuovo corso della linea europea dell’esecutivo FdI-Lega-FI? La sua nomina sfocerà anche in un voto favorevole dei partiti di governo italiani all’intera Commissione Europea?
Domande che restano aperte. Ma la politica è fatta di momenti. Ora è il momento per Meloni di dire “visto? vi eravate sbagliati”. Poi arriverà il momento di valutare tutte le conseguenze di fondo della nomina di Raffaele Fitto a Bruxelles all’interno di una squadra che dovrà riflettere un programma fissato dall’Europarlamento e ha l’obiettivo minimo di non fallire. Per il bene dell’Europa, e dunque anche dell’Italia.