Il direttore risponde. Nuova responsabilità. E più fiducia
Caro direttore
tanti anni fa avevo una coppia di amici – un lui e una lei – che si volevano bene e decisero di sposarsi. Venivano da famiglie numerose e povere e cercavano nel matrimonio anche un riscatto sociale ed economico. Decisero che pagare l’affitto per tutta la vita era un errore e comprarono un appartamentino, con un angolo per i futuri figli, accendendo un mutuo. Lavoravano entrambi, anche se con uno stipendio non alto, ma ci stavano dentro. Poi, durante i primi anni, fecero anche altri acquisti a rate confidando sul buon andamento dei loro stipendi e del loro lavoro. Un bel giorno nacque un figlio: gli introiti diminuirono e le spese aumentarono. Anche le loro aziende ebbero qualche difficoltà: diminuirono gli straordinari e ci furono brevi periodi di cassa integrazione. Dovettero cercare prestiti da altre parti perché le banche non si fidavano più. E queste altre persone chiedevano interessi molto alti. Dopo un po’ arrivarono a non farcela più, sull’orlo del fallimento del loro progetto di vita. E per non fallire hanno dovuto cambiare il tenore della loro vita, rendersi credibili con qualche amico vero, per poter chiudere con gli strozzini, per ricominciare. La storia è un classico. Peccato che sia anche quella dell’Italia, della Spagna, del Portogallo, della Grecia: abbiamo speso per anni più di quanto guadagnavamo nella speranza di pagare dopo, con lo "sviluppo". Che invece si è fermato. E così i prestiti sono diventati sempre più cari e la nostre credibilità di poterli restituire è diminuita. E chi ci dà i soldi va dicendo che non potremo restituirli, così ci chiede interessi sempre più alti e ci "compra" a basso prezzo. Non abbiamo che il rimedio della coppia mia amica: ridurre il nostro tenore di vita, risparmiare, lavorare seriamente per non essere "licenziati", produrre di più e spendere di meno: tornare credibili. Tutto il contrario della manfrina per la quale tutti hanno un motivo, che esprimono con eleganza, perché non tocchi a loro risparmiare. Ci facciamo gli auguri, direttore?
Camillo Ronchetti