Non per un giorno soltanto. Cinque notizie per soli uomini
La prima notizia è che anche gli uomini hanno sentimenti e provano emozioni. Non se ne parla molto, ma è una buona notizia, perché significa che non esiste solamente la rabbia. Ci sono anche la gioia e la paura, la tristezza e il desiderio, la mancanza e la speranza. L’elenco sarebbe più lungo e ad arricchirlo ulteriormente contribuisce il fatto che emozioni e sentimenti tendono a intrecciarsi tra di loro, dando luogo a sensazioni spesso sfuggenti, misteriose. La nostra interiorità di esseri umani è questo composto meraviglioso e talvolta instabile, per prendersi cura del quale non basta una vita. Proprio per questo bisogna iniziare a occuparsene subito, fin da bambini. Il maschile non è sovraesteso, perché sì, è vero che gli uomini – come le donne – hanno sentimenti e provano emozioni, ma a differenza delle donne gli uomini si ostinano a non ammetterlo. Preferiscono farla breve: si arrabbiano, magari diventano violenti, poi non ci pensano più. E non ne parlano mai.
La seconda notizia è che non si vince sempre, e anche questa è una buona notizia. Una volta recepita l’informazione, si può imparare a elaborare la sconfitta, che per ciascuno assume un aspetto diverso: c’è chi esulta perché è arrivato penultimo e chi si macera per il secondo posto. Non parliamo solo di sport, è chiaro. Nella società contemporanea tutto è competizione, tutto è misurabile e misurato, tutto finisce in qualche graduatoria da controllare ossessivamente. Si sale e si scende, si fa sempre del proprio meglio, ma non si può primeggiare a pari merito. Non tutti insieme, almeno. Ognuno deve trovare il suo posto e, mentre lo cerca, deve sforzarsi di riconoscere i sentimenti che sta provando e di dare un nome alle emozioni che gli vengono incontro. A beneficio di tutti, e di tutte.
La seconda notizia è legata alla prima e le due messe insieme fanno un’ottima notizia. La terza è più importante ancora: l’amore non è una gara, non prevede vittorie di cui gloriarsi né trofei da esibire. L’amore non ha nulla a che vedere con il possesso. Certo, diciamo “mia moglie”, “la mia ragazza”, “mia figlia”, ma non è che una consuetudine. Ogni volta che pronunciamo queste parole, nella nostra mente dovrebbero risuonarne altre: “la donna o la ragazza che mi ha scelto”, per esempio, “la figlia che mi è stata donata”. Interpretata in questo modo, anche la terza è una bellissima notizia.
La quarta, purtroppo, è meno buona. Anche quando crediamo di sapere che i sentimenti esistono, che il successo non è garantito e che amare non significa possedere, dentro di noi rimane il dubbio che non sia vero niente e che queste, anziché buone notizie, sono giustificazioni che si inventano i deboli, i perdenti, quelli che rinunciano. Usiamo il maschile, di nuovo, perché a dispetto di millenni di evoluzione e in spregio a secoli di rivoluzioni per il maschio della specie risulta ancora più facile gonfiare il petto, flettere i muscoli, lasciare che la rabbia dilaghi e distrugga. Distrugga pure il maschio distruttore, purché sia la sua rabbia a imporsi. Purché le cose vadano come vuole lui, fosse anche per un solo istante,
Costi quel che costi, un trionfo se lo meritano tutti, no? La quinta notizia è quella decisiva: le azioni hanno conseguenze. Tutte le azioni, anche e specialmente quelle compiute sotto l’urto della furia. Se ci si dimentica di questa semplice verità, non c’è più bellezza che tenga, non c’è più amore che possa trovare voce. È una smemoratezza mortale, letale. Distruttiva, appunto. E, da ultimo, autodistruttiva. Per fermare la violenza degli uomini sulle donne occorre tenerle a mente tutte e cinque, queste notizie impegnative. Non per un giorno soltanto, inutile precisarlo. Ma un giorno o l’altro si dovrà cominciare a essere orgogliosi della propria fragile interiorità, a vergognarsi del male anche solo immaginato, a vivere l’amore come un dono di libertà, che può essere accolto, scambiato e mai preteso. Anzi, sarebbe già tanto viverlo, l’amore, e non ucciderlo.