Opinioni

L'ALTRO EDITORIALE. Non ci zittiremo

Marco Tarquinio domenica 11 agosto 2013
Stiamo sviluppando sulle nostre pagine un’inchiesta giornalistica che rivela uno dei volti più terribili dei processi di disumanizzazione in corso: la creazione di un mercato globale del corpo femminile governato da grandi interessi e dall’idea che la donna/madre sia riducibile a “fattrice” di figli/figlie a loro volta ridotti a “prodotto”. Prodotto di un desiderio (comprensibile) di paternità e maternità difficili o naturalmente impossibili. E prodotto di un commercio (inaccettabile) tra abbienti, che comprano, indigenti che si vendono, e innocenti che vengono assemblati, selezionati, venduti e comprati. Ci aspettavamo reazioni, anche veementi, di fronte a una realtà terribile e purtroppo in crescita nella quale gli esseri umani sono ridotti a “cose”. Una realtà schiavista e che, perciò stesso, dovrebbe essere urgentemente posta al centro dell’attenzione giuridica internazionale e meriterebbe presto una sessione dedicata dell’Assemblea generale dell’Onu. Ci ha lasciato esterrefatti che la più tempestiva e aspra delle reazioni sia arrivata, invece, per accusarci di aver pubblicato «menzogne» e per sostenere incredibilmente che il mercato di grembi di donna sarebbe un mercato tutto sommato normale se non, addirittura,una pratica libera e persino eminentemente altruistica. Premessa usata per affermare che quanto raccontato nella prima puntata della nostra inchiesta, e cioè che anche persone e coppie omosessuali hanno fatto e fanno ricorso al mercato delle maternità surrogate, sarebbe «omofobia». Di più: lo stesso parlare di «uteri in affitto» sarebbe grave e omofobo, perché le parole giuste, politicamente corrette, sono piuttosto altre: «gestazione di sostegno» o «gestazione per altri». La diffamatoria polemica, firmata da un’organizzazione gay – che peraltro, come dimostriamo negli articoli oggi in pagina, è in palese e incresciosa contraddizione oltre che con i fatti anche con se stessa – è degna di essere segnalata per quello che conferma e annuncia. L’accusa di «omofobia» viene scagliata con aggressiva facilità non solo contro chiunque affronti senza allinearsi all’ideologia “gender” temi che in qualche modo concernono l’omosessualità, ma anche contro chiunque ragioni a difesa della naturalità della procreazione umana e si batta per de–mercificarla. Chi ancora pensa che sia esagerato porre la questione della libertà di espressione di fronte al testo di legge sull’omofobia che è all’esame del Parlamento italiano ha tempo per rifletterci su e per rimediare. Una cosa è certa: noi, che facciamo cronache rigorose, amiamo l‘umanità e la verità e perciò ci battiamo contro ogni discriminazione e violenza, non intendiamo chiudere occhi e bocca, e non ci lasceremo imbavagliare.​​​​​