Né succubi né presuntuosi. L’«incompetenza» chiude il futuro
Spoils system o lotta alla competenza? Si muove tra questi due poli l’interpretazione di alcune recenti mosse del governo giallo-verde, a partire dalla rimozione del presidente dell’Agenzia spaziale Battiston fino al recentissimo "licenziamento" del Consiglio superiore di sanità. Ma se qualche forma di "lottizzazione" ha caratterizzato l’azione anche di molte altre maggioranze – e non solo in Italia –, quando si agisce su istituzioni e ruoli tecnici, che non hanno una diretta valenza politica, allora le scelte non dovrebbero a loro volta essere esclusivamente legate all’affinità di partito. E qui entra l’altro aspetto che sembra peculiare di molte formazioni genericamente dette populiste.
Ne ha già scritto con efficacia su queste colonne Leonardo Becchetti, evidenziando come in campo sanitario (no-vax), finanziario (sovranismo anti-euro) e ingegneristico (avversione alle grandi infrastrutture) si manifesti una rivendicazione di posizioni sbagliate o incoerenti alla luce della migliore scienza oggi disponibile. C’è da chiedersi da dove venga e che conseguenze abbia questa linea di riscrittura "dal basso" di conoscenze affidabili che lunghe e rigorose ricerche ci hanno consegnato nel tempo. Perché gli esperti, da rispettati portatori di competenze utili, sono diventati il bersaglio di una critica distruttiva?
Non è la specializzazione in quanto tale a essere sotto accusa. Nessuno dei no-vax, se si rompe una gamba, pensa di curarsi da solo, correrà piuttosto dall’ortopedico del pronto soccorso più vicino (anche se vi sono pericolose derive verso cure alternative, per esempio in campo oncologico). A essere messe in discussione nell’ambito medico sono le indicazioni che riguardano i comportamenti personali (profilassi, stili di vita, alimentazione), così come in ambito economico vengono contestate le grandi scelte di sistema (nessuno degli anti-euro rinuncerebbe però al commercialista per compilare il 730).
La nostra è una società complessa e risulta sempre più difficile padroneggiare le situazioni in cui ci troviamo a vivere e agire. Aumenta, quindi, il senso di perdita di controllo personale, mentre permane il classico effetto psicologico che ci porta a sovrastimare le nostre competenze individuali.
Dalla prima pagina In un contesto in cui si sommano l’apparente facile accesso alle conoscenze tramite Internet, la possibilità di intervenire rumorosamente nel dibattito pubblico e l’attenuarsi fino al dissolvimento delle gerarchie sociali, può così trovare sfogo e acquisire dimensioni inedite un fenomeno che di per sé non è nuovo. Sovrastati dalle capacità specialistiche possedute dagli esperti, molti reagiscono con un moto di ribellione, verso la scienza e il mondo intellettuale, paragonabile ai sentimenti e alle mobilitazioni anti-globalizzazione.
I movimenti populisti hanno allora buon gioco nel canalizzare questi stati d’animo di rivalsa che, nel caso di M5s (con un contagio ad altre forze politiche, Lega compresa), propagandano l’idea di un egualitarismo sintetizzato nello slogan 'uno vale uno'. Se è lodevole la sottolineatura della dignità di ciascuno, il rischio nel campo della conoscenza è di promuovere una democrazia epistemica in cui ogni cittadino è titolato a esprimere un’opinione che ha lo stesso valore di quella di un esperto del settore di cui si parla. Gli scienziati e gli intellettuali possono sbagliare, ma la competenza non s’improvvisa e si può valutare oggettivamente.
La cosiddetta tecnocrazia sottrae ai cittadini lo spazio decisionale che appartiene loro perché li ritiene non all'altezza di decidere. La lotta alla competenza conduce invece a cattive scelte perché considera i cittadini molto più esperti di quello che sono e li porta a pagare un prezzo altissimo a causa della loro presunzione. Per combattere vere e presunte tecnocrazie, non vorremmo trovarci presto in una situazione assai peggiore.