D opo tre anni impiegati per capire (forse) che Francesco è il «vero Papa», Antonio Socci ora (domenica: “Libero” pp. 1 e intera 24) annuncia che da sempre ha capito che «il vero Berlinguer» è stato solo un comunista ateo sprezzante di ogni libertà e democrazia, servo di Mosca e segnatamente di Breznev. Nella cascata di accuse ce n’è anche per Giorgio Napolitano, ma la demolizione di Berlinguer è totale: nulla di umanità e democrazia, tutto di menzogna, salvo qualche inerme parolina sul fallimento del comunismo, e solo nel 1981! Una paginata di vergogne in faccia: (in)utile idiota, servo di Mosca, nemico di Dio e degli uomini. Che dire? Che manca molto della realtà, del personaggio e di quegli anni, almeno per chi li ha vissuti. Manca l’ostilità manifesta di Mosca dal 1972 fino alla sua morte (1984). Manca quindi perché mai, nel 1973 in Bulgaria, per ordine di Mosca un camion militare abbia investito la sua auto uccidendo l’autista e l’interprete. Manca il rispetto con cui lo accostarono uomini come Aldo Moro e Benigno Zaccagnini, e in occasione della morte uomini come Giorgio Almirante e un vescovo cecoslovacco e vittima del comunismo come Pavel Hnilika, che Socci ha certo conosciuto. Manca il suo riconoscimento dell’importanza del mondo cattolico: la sua lettera al vescovo Bettazzi. Manca il distacco dall’ateismo di partito e di Stato apertamente ivi affermato. Manca l’affetto e il dolore di tanta parte del popolo alla sua morte, manifestato anche con i segni di croce. Manca il perché mai si sia potuto parlare di una durissima opposizione interna al partito proprio in nome della Mosca di Breznev attraverso Armando Cossutta. Manca quell’abbraccio di Benigni al Pincio (per una strana circostanza, ero presente). Possibile che oggi grazie a Socci tutti debbano scoprire che Enrico Berlinguer fu un mostro di inganno, finzione e cecità senza scrupoli?
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