Nucleare. Non primo uso della bomba: il bivio di Biden e del mondo
La grande Conferenza 2020 sul Trattato di Non Proliferazione Nucleare ( TNP) che si doveva tenere a New York a partire dal 4 gennaio è stata rinviata al mese di agosto. Si tratta di una delle nuove vittime della pandemia. Quasi contemporaneamente i cinque Stati cui il Trattato TNP concede di possedere l’arma nucleare e cioè Cina , Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti hanno reso pubblica una dichiarazione comune che probabilmente avevano in mente di effettuare durante la conferenza rinviata. Nel documento si parte dall’accettazione del principio che «Una guerra nucleare non può essere vinta e non deve essere mai combattuta», un concetto originariamente enunciato ai tempi di Reagan e Gorbaciov ma sinora non pienamente condiviso dai rimanenti Stati nucleari.
Alquanto enigmatica anche è l’affermazione secondo cui nessuna delle armi nucleare possedute «è mirata l’una contro l’altro o contro qualsiasi altro Stato» che si presta a interpretazioni che necessitano di essere chiarite. Il fatto che i cinque nucleari si siano affrettati a rilasciare questa dichiarazione proprio in concomitanza con il rinvio della conferenza di New York è il segno di una loro presa di coscienza della pericolosità dell’attuale quadro strategico. +Si deve risalire infatti ai tempi più cupi della guerra fredda per ritrovare situazioni paragonabili alle crisi in atto in Ucraina, Taiwan, Corea del Nord e Iran. Sono venuti meno proprio ora quegli strumenti posti in atto per evitare un confronto nucleare. L’amministrazione Trump ha fatto piazza pulita di accordi quali il trattato INF che proibiva a Russi e Americani di possedere missili nucleari a raggio intermedio, l’intesa JCPOA che aveva bloccato il programma nucleare iraniano, l’accordo Open Skies che permetteva la sorveglianza aerea di siti militari nell’area euro/atlantica. Se si esclude l’accordo strategico New Start tra USA e Russia che Trump stava facendo decadere e che Biden è riuscito a rinnovare in extremis, la stabilità nucleare poggia oggi, più che mai, sul Trattato di Non Proliferazione Nucleare.
Esso è l’unico foro multilaterale in cui le cinque potenze si trovano in piena armonia nel preservare il loro privilegiato status nucleare e di difendersi dall’accusa di fare poco per applicare l’articolo Vl del trattato che prevede di negoziare «in buona fede misure efficaci relative alla cessazione a breve scadenza della corsa agli armamenti nucleari e il disarmo nucleare». Oggi si assiste invece a una vera e propria corsa agli armamenti nucleari e, per quanto riguarda il disarmo, anziché passi in avanti si fanno passi indietro. Le idee per effettuare passi in avanti non mancano. Vanno lette con attenzione, al riguardo, le affermazioni contenute nel recentissimo documento dei cinque miranti «a prevenire l’uso non autorizzato o non intenzionale di armi nucleari» come anche quella sul ' de-targeting'. Le misure per evitare gli scontri nucleari, rafforzare la stabilità, la comprensione e la fiducia evocate nel documento in realtà già esistono ma vanno applicate mentre la deprecata corsa agli armamenti nucleari è sotto gli occhi di tutti.
Nelle prossime settimane i riflettori saranno puntati sull’amministrazione Biden che sta procedendo al riesame della propria dottrina nucleare. Ci si domanda se e come il Presidente darà seguito agli impegni elettorali di ridurre il ruolo dell’arma nucleare nella strategia di sicurezza degli USA e di avvicinarsi al concetto del Non Primo Uso dell’arma nucleare. Gli oppositori americani di questo concetto contano sul sostegno degli alleati europei della NATO per scoraggiare Biden dall’adottare il No First Use (NFU) o altri concetti equivalenti. I principali Paesi europei stanno dibattendo sui pro e i contro di queste misure.
Tale dibattito non ha sinora appassionato gli ambienti pubblici italiani se si escludono la Commissione Esteri della Camera e l’Unione degli Scienziati Italiani per i Disarmo (USPID) che hanno voluto approfondire la questione se la NATO possa essere la prima ad impiegare l’arma nucleare. Il rinvio della conferenza di New York e il recente testo dei cinque nucleari stimoleranno e faranno maturare il pensiero nazionale e internazionale su questi grandi temi non solo in vista della decisione sulla nuclear postureamericana ma anche nella prospettiva della revisione del concetto strategico della NATO che dovrebbe avvenire nel corso di quest’anno. Le decisioni da prendere non sono solo una questione di aritmetica strategica; occorre avere a mente il rischio di mantenere aperta l’opzione di essere i primi a sferrare un attacco nucleare e le sue conseguenze legali e umanitarie. Quali che siano le scelte o le non-scelte, esse avranno un impatto sulle sorti della rinviata conferenza di New York che sono in bilico. In realtà in bilico si troverà nei prossimi mesi il futuro stesso della sicurezza internazionale.
Ambasciatore, già presidente del Missile Technology Contro Regime (Mtcr), del Consiglio consultivo del Segretario generale dell’Onu per le questioni del Disarmo a New York e della Conferenza del Disarmo a Ginevra