Opinioni

Non lasceremo mai solo il Papa. Sostegno forte alla carità di Francesco

Matteo Liut giovedì 1 ottobre 2020

In molti, anche tra i credenti, in questi giorni 'scandalosi' si stanno chiedendo se valga ancora e sempre la pena contribuire con le proprie donazioni all’Obolo di San Pietro, al quale andranno le offerte raccolte in chiesa domenica prossima, in occasione della Giornata per la carità del Papa. La risposta è sì. Ed è spontanea e vasta.

Eppure è indubbio che la vicenda delle dimissioni del cardinale Angelo Becciu e delle inchieste in corso sull’uso di fondi nella disponibilità di esponenti della Segreteria di Stato ha gettato un velo di sospetto che non pochi hanno inteso cavalcare, alimentando una narrazione dai toni foschi e centrata sulla «solitudine» di papa Francesco.

Le ricostruzioni fornite da parecchi media, in gran parte ancora non supportate da dati giudiziari certi e di pubblico dominio (e in qualche caso prendendo lucciole per lanterne), hanno sfumature diverse pur suggerendo un po’ tutte l’esistenza di un intrigo familiare e l’idea che entro le mura vaticane agiscano gruppi dediti alle macchinazioni di palazzo. Se possono circolare, è perché le ombre trovano appigli e non sono solo evanescenti. È giusto e naturale, perciò, sentir crescere l’esigenza di chiarezza e di trasparenza e invocare una gestione specchiata di ogni centesimo. Ed è giusto gridare con forza: quella non è la 'mia Chiesa'. Ma una cosa è certa: quella non è nemmeno 'la Chiesa'. E, certo, non è la Chiesa raccolta attorno al Papa.

E papa Francesco ha dimostrato fin dall’inizio, con le parole e con i gesti, la volontà di dare forma a un popolo di Dio «povero per i poveri», capace di farsi carico degli ultimi e camminare con loro lungo le strade del mondo, in ogni angolo del pianeta. Come scrive il segretario generale della Cei, il vescovo Stefano Russo, nella lettera che ha inviato alla Chiesa italiana in vista della Giornata per la carità del Papa 2020, Francesco non ha mai smesso di dare l’esempio su questa strada, nemmeno durante i mesi difficili del lockdown, nemmeno davanti alla disperazione collettiva provocata dalla pandemia.

È stato un padre per i bisognosi anche in questo frangente, tenendo ben salda la barra di quella barca su cui si è trovata l’intera umanità. La Chiesa di Francesco è quella che è guidata da un Papa che non ha paura di stare in mezzo agli ultimi e di fare qualcosa per migliorare la loro vita. La Chiesa di Francesco è quella di sempre, che nel nome del Risorto è viva e presente là dove le guerre, la fame, le persecuzioni, lo sfruttamento minano la dignità degli esseri umani. L’abbiamo sempre visto più a suo agio nelle carceri, nelle comunità di recupero, nelle favelas più che sui “grandi palchi”. E anche per mezzo del suo instancabile elemosiniere ci ha abituato a opere dirette e concrete a favore dei bisognosi, a partire da quelli più vicini a lui, i poveri di Roma. Opere, parole e gesti che sono sotto lo sguardo di tutti, al contrario di quei giochi di palazzo che qualcuno vorrebbe elevare a definizione dell’intera vita della Chiesa.

È il caso di dirlo: quando si parla di Carità del Papa l’essenziale in realtà è visibile agli occhi. Ciò che conta avviene alla luce del giorno, è offerto come messaggio di speranza e annuncio profetico di un mondo in cui la solidarietà e la fraternità sono i pilastri della convivenza tra popoli. Un vento, questo, che è ben più forte e potente degli spifferi di palazzo, perniciosi e vuoti. Una realtà che è più salda di ogni sotterfugio, ogni malizia, ogni colpevole superficialità e ogni sconcertante ingenuità. Perché sì, la Chiesa è fatta da uomini e donne che sbagliano, che non sempre fanno la cosa giusta, ma questo non giustifica chi decide di lavarsene le mani. La risposta che diamo alla domanda se valga la pena donare o no rivela da che parte vogliamo stare.

Stiamo dalla parte della logica mondana che legge tutto come gioco di potere, o dalla parte di Francesco e dei “suoi” ultimi, che sono la «carne di Cristo»? Domenica ci è data un’occasione preziosa: quella di dare una mano concreta al Papa e, come scrive il vescovo segretario generale, «far arrivare lontano il suo cuore». Un cuore, quello di Francesco, che anima una rete grande come l’intero pianeta: ecco perché – su queste pagine lo già spiegato a fondo Mimmo Muolo – l’Obolo di San Pietro sostiene anche quelle strutture che permettono alla Chiesa di essere presente e agire in nome del Vangelo là dove l’umanità ha più bisogno. E donando è un po’ come se anche noi arrivassimo lì, assieme al successore di Pietro. Questo è ciò che conta.