Non è con gli atti d'imperio, le armi e i valori stravolti che si può far pace
I plebisciti di Putin nei territori ucraini occupati un modo per fare punto e a capo? Una lettrice se lo chiede e me lo chiede. L’ho sperato anch’io, ma non è stato così neppure per un attimo. La pace, come la guerra, non si fa da soli. E Zamagni, qui, ha indicato una via invece seria. Opposta all’idea del paradiso guadagnato in battaglia per ideali che la strage bellica annienta
Caro direttore,
mi trovo sull’autobus e scrivo da qui, dunque sarò concisa. Leggendo la notizia della proclamazione in pompa magna da parte di Vladimir Putin dell’annessione delle quattro regioni ucraine dove si sono svolti i referendum-farsa, un’idea mi è balenata in mente: e se il presidente russo subito dopo si dichiarasse pronto alla pace, avendo conseguito i suoi obiettivi di "salvare dal genocidio" (questo uno dei dichiarati obiettivi dell’invasione) gli abitanti russofoni di queste regioni? Il Cremlino potrebbe chiedere il riconoscimento di tale annessione e offrire la pace in cambio... Davanti al suo popolo apparirebbe vincitore, esaudirebbe i desiderata dei partner Cina e India, ammiccherebbe agli europei sull’orlo di una crisi energetica senza precedenti, spariglierebbe tutte le carte sul tavolo confondendo buoni e cattivi. Cosa farebbero la Ue, la Nato, lo stesso Consiglio di sicurezza dell’Onu davanti a questa proposta? Sono sull’autobus e non mi dilungo oltre, lasciando a lei le altre considerazioni che si potrebbero fare. Certo, mi riuscirebbe tuttavia difficile comprendere la recente mobilitazione di 300mila riservisti se questa fosse la sua intenzione, ma – chissà? – tutto potrebbe essere. Se pubblicasse, le chiederei di firmare la mia lettera solo con il nome. Grazie
Sabina, Roma
Non capisco perché le costi firmare per esteso, cara signora Sabina. Questo è più che mai il tempo di dare volto alla speranza, anche quando è piccola e contraddetta dai fatti. Ma l’accontento lo stesso: la sua lettera digitale da un autobus romano è bella, e stimolante. Per prima cosa le dirò che ho fatto anch’io, brevemente, pensieri come i suoi all’annuncio della convocazione anticipata dei plebisciti di Putin. Referendum dall’esito scontato e che, secondo il Cremlino, avrebbero sancito l’annessione alla Russia dei territori ucraini occupati in forza non della conquista ma della (presunta) ampia volontà di coloro che li abitano. Poteva in effetti essere un modo per tentare di chiudere la partita e sospendere le ostilità, pur sapendo che le ferite aperte e sanguinanti e le armi ormai schierate in enorme quantità in Ucraina non avrebbero garantito né vera tregua né pace. In passato, del resto, si è fatto non poche volte così: un atto d’imperio del più forte e cambio di pagina. Ma così non si può più fare. Si possono e si devono invece incominciare i sette passi di pace suggeriti da Stefano Zamagni su "Avvenire" del 21 settembre. La pace, come la guerra, non si fa mai da soli. Tanto più nel caso dei plebisciti decisi da Mosca, che nella comunità internazionale quasi nessuno, neanche Cina e India, grandi Paesi amici o comunque non ostili alla Russia, è disposto a riconoscere come validi.
Ci sono poi tre fatti contemporanei che rendono l’attuale passaggio – riprendo l’aggettivo che ho scelto ieri, sabato, per il nostro titolo di prima pagina – davvero «esplosivo». Li elenco: la drammatica escalation della tensione nucleare ed energetica tra Russia e Occidente con accuse e minacce senza più freni, il richiamo alle armi di centinaia di migliaia di riservisti russi e, ultimo ma non ultimo, il discorso sulla purezza dei valori morali e nazionali con cui Putin ha accompagnato la proclamazione dell’annessione e confermato la linea di conflitto con l’Occidente in blocco. Tutto sembra essere orientato a rendere irrimediabile e persino apocalittico lo scontro bellico e imperiale in corso, che l’uomo del Cremlino e alcuni suoi dirimpettai occidentali stanno travestendo da cozzo di civiltà.
Ammesso e non concesso che ci sia mai stata una "guerra giusta", la guerra di oggi, ovunque e da chiunque sia combattuta, per le consapevolezze e per le armi di cui disponiamo è infinitamente ingiusta. Da un punto di vista cristiano è un’atroce bestemmia, che tradisce e nega radicalmente il Vangelo di Cristo e il progetto di Dio per l’umanità. La guerra distrugge, non costruisce; semina sofferenza e rancore, non fa giustizia; spezza vite, non custodisce alcun bene. La guerra è sempre per il potere, ed è sempre condotta sulla pelle dei poveri. Perciò fa tremare di dolore e d’indignazione, dà letteralmente i brividi soprattutto ai cristiani, ma non solo a loro, che il Patriarca ortodosso di Mosca, come un qualunque propagandista del terrorismo islamico, abbia fatto addirittura riecheggiare la "promessa del paradiso" per gli «eroi» che cadranno in battaglia. Spendiamoci e preghiamo, anche in questa domenica, perché tutti gli uomini e le donne di fede e di buona volontà uniscano la loro voce a quella di papa Francesco nel chiedere pace a Dio e a coloro che, qui e ora, hanno il potere e il dovere di fermare la folle corsa verso l’irreparabile.