Opinioni

Il terremoto. I 28 angeli di San Giuliano e le opere che servono al Paese

Antonio Maria Mira sabato 5 novembre 2022

«Si poteva evitare», quante volte abbiamo dovuto scriverlo. Per qualcuno è diventato persino un ritornello fastidioso. Ma è proprio così: spesso disastri, morti, devastazioni si potevano evitare. E si potevano evitare gli esisti distruttivi e assassini di frane, alluvioni, incendi, crolli.Sì, anche i crolli, come quelli in occasione dei terremoti, perché – ripetiamolo ancora una volta – non è il terremoto che uccide, ma la casa che ti crolla addosso. O la scuola, come la “Francesco Jovine” di San Giuliano di Puglia, crollata – l’abbiamo appena ricordato, vent’anni dopo – il 31 ottobre 2002, portandosi via la vita di 27 bambini e della loro maestra. Unico edificio crollato nel paese molisano, non per la scossa, ma perché sopraelevato irregolarmente. E quel piano in più aveva schiacciato un’intera classe, la prima elementare.

Si poteva, anzi si doveva evitare, come sentenziato fino in Cassazione con la condanna dei responsabili. E si doveva evitare che quel dramma si ripetesse. Lo chiesero le mamme e i papà dei bambini morti parlando alle istituzioni.

Quei morti, gli “angeli di San Giuliano”, fecero scoprire che le scuole italiane erano vecchie, costruite male e soprattutto insicure. Grazie alla Protezione civile partì un piano nazionale per la messa in sicurezza, una “grande opera” davvero utile. Ma poi il piano si è sfilacciato in stralci, proroghe, soldi non spesi o non stanziati. Perché come al solito nel nostro Paese ci si muove dopo le emergenze, mai prima. Ci si commuove e ci si muove. Ma poi la memoria è corta. Il ricordo diventa sterile, non è una spinta a fare. E nuove emergenze offuscano quelle più lontane. “Tanto non accadrà più”, “Tanto non accadrà a noi”.

E così è stato anche per le scuole. «Dopo venti anni dal dramma di San Giuliano per la sicurezza delle scuole bisogna fare di più», ci ha detto pochi giorni fa il capo della Protezione civile, Francesco Curcio, in occasione del ventennale del drammatico crollo. Soldi insufficienti, scuole senza certificazioni (come la Jovine), scuole stravecchie, e poca cultura del rischio, poca consapevolezza.

Così si rinvia o si spende col contagocce. Fino al prossimo crollo, o alla prossima alluvione, alla prossima frana. Perché l’Italia è fragile ma noi la rendiamo ancor più fragile con scelte urbanistiche e costruttive sbagliate, dissennate o addirittura criminali. Purtroppo la triste ricorrenza di San Giuliano non è stata occasione per riflettere, per analizzare, per proporre. Lo hanno fatto ancora una volta i genitori dei bambini uccisi dalla loro scuola, ma con poco ascolto.


Alle 11,32 del 31 ottobre, ora del crollo, la grande campana del cimitero ha ancora una volta suonato i suoi 28 rintocchi e la fiaccolata notturna ha percorso la Via Crucis dei piccoli e della loro maestra.Reazioni solo di circostanza. Invece sarebbe stato necessario, si doveva (ancora quel verbo...) ascoltare e soprattutto fare.

Anche perché nel Pnrr ci sono fondi per la messa in sicurezza delle scuole e per realizzare nuove scuole sicure. Ne abbiamo scritto nei giorni scorsi. Non sono tanti e, soprattutto, c’è il rischio che i comuni non riescano a spenderli. Soprattutto quelli piccoli, con poco personale e poco qualificato, ma molto spesso quelli che si trovano nei territori più a rischio o che hanno le scuole in pessime condizioni. Soprattutto al Sud.

Non sostenerli sarebbe anche un contributo allo spopolamento di territori tanto importanti. Per questo ci vorrebbero più impegno, più idee, più rete, per far sì che quei fondi, pur insufficienti, siano spesi bene, per evitare davvero nuovi drammi. E poi si decida davvero di stanziare e spendere quanto serve.


Investire sulle scuole è investire sul futuro, cioè la vita dei nostri figli.

San Giuliano in quel crollo ha perso un’intera generazione, tutti i nati nel 1996. Non è tollerabile, oltre che ingiusto. Lo sarebbe ancor più oggi. La politica sia meno miope, non cerchi il consenso e il voto degli adulti (magari anche qualcuno borderline) con qualche grande opera faraonica, inutile, dannosa. Scelga invece chi non vota ma che rappresenta la vita del nostro Paese, i nostri figli. Non solo può scegliere, deve scegliere. Un invito per chi ancora non lo capisce o non vuole capire. Vada al cimitero di San Giuliano di Puglia e si fermi davanti a quelle 28 tombe, a quelle 28 foto. Rifletta, magari pianga un po’. E poi scelga.