Non dimentichiamo chi ha sofferto ed è morto di Covid. E chi tiene duro...
Caro direttore,
sono la vedova di un uomo deceduto per polmonite da Covid. Mio marito è morto a novembre 2020. Sono rimasta con 4 figli che abitano ancora tutti con me. La morte di mio marito è stata per noi una tragedia: oltre al dolore immenso che ha scombussolato la nostra famiglia, c’è anche il lato economico... Ma ora a distanza di due anni, sembra quasi che a nessuno importi più degli oltre 167mila morti per Covid. E fa rabbia constatare questa cosa. Noi forse, avendo vissuta la tragedia, in prima persona soffriamo ancora tanto. Mio marito è andato via in ambulanza e dopo cinque giorni di terapia intensiva è spirato... Non lo abbiamo più visto! Non c’è stato neppure il funerale in Chiesa, ma una benedizione al cimitero. Come si fa a dimenticare? La cosa che mi salva è la fede: aiuta nei momenti bui me e anche i miei quattro figli. Sono della provincia di Cremona, e la ringrazio per avermi letto. Ho scritto pure a papa Francesco e, con mia grande sorpresa, mi ha risposto con parole di conforto, come pure fatto il nostro vescovo Antonio. La saluto caramente.
Grazie a lei, gentile e cara signora Pierina, per aver deciso di condividere con me e con i lettori di questo nostro giornale pensieri così intimi, e il dolore e la fatica suoi e dei suoi figli. Lei ha intitolato la lettera che mi ha inviato “Per non dimenticare”: ha ragione, non si può e non si deve farlo, rimuovendo come d’un tratto sofferenze, preoccupazioni e sacrifici che hanno sconvolto la vita di famiglie e comunità. So bene che è umano rialzare testa e sguardo e cercare di riprendere il cammino, ma ancora più umano è stare accanto a chi, come lei, ha saputo tener duro nello strazio e nella prova e continua ancora a farlo. Sono contento e per nulla sorpreso che il Papa e il suo vescovo, monsignor Napolioni, lo abbiano fatto. Spero che una rete familiare e comunitaria sostenga la vostra famiglia. Grazie ancora e mi permetta un abbraccio.