Non darsi pace per lo Sterminio e costruire pace secondo giustizia
Caro direttore,
stavo riguardando per l’ennesima volta il film “Schindler’s List”, in quel cappottino rosso l’indicibile raccontato, il bisogno di conoscere il male in tutte le sue declinazioni, l’impossibilità di chiudere gli occhi e guardare da un’altra parte. È arrivato di nuovo il Giorno della Memoria, faccio fatica a chiamarlo “ricorrenza”, per me non lo è, piuttosto si tratta di un preciso dovere. Il dovere di ciascuno a tentare di comprendere fin dove l’ideologia e la sconfitta dell’umanità possano inerpicarsi in un delirio di onnipotenza capace di sconvolgere popoli interi. Noi possiamo stare qui fino a consumare le parole per comprendere come il male abbia potuto manifestarsi in maniera così devastante, di certo c’è che un sistema politico totalitario riuscì attraverso il suo leader a dominare in modo completo la società tedesca e non solo, la sua cultura, economia, la vita stessa e quindi la morte. E le coscienze non ebbero scosse... Così, oggi, ogni volta che gli occhi si posano su quel cappottino rosso, sulle donne e gli uomini allineati in attesa di fare la “doccia” oppure di esser sollevati e abbattuti dalle baionette e dai proiettili mi prende un desiderio furioso di “essere presente”, affinché quella carneficina non abbia mai più a ripetersi. Perché c’è sempre pericolo che il male torni, atteggiamento e gesto quotidiano che si ripete. E la memoria storica della Shoah è una prevenzione preziosa, è restare vigili perché la follia più dis-umana non prenda ancora il sopravvento.
Caro direttore,
con piacere invio una poesia scritta da una bambina di 9 anni di Cosenza a cui la maestra in classe, ha chiesto per questa giornata particolare, un pensiero in ricordo della Shoah. La bambina, che firma questa lettera, lo ha dedicato «A una bambina ebrea». «Per loro sei diversa ma per me sei speciale, / come i grandi e i bambini che si incontrano nel mare, / come l’odio e l’amore che si incontrano per strada, / come l’innocenza dei bambini che vogliono ritornare a casa / e la cattiveria degli umani che li soffocano senza aria. / Sogna come i bambini/ che con un aereoplano e la fantasia volano via».
Gentile direttore, Emanuele Filiberto di Savoia chiede perdono alla comunità ebraica italiana, a pochi giorni da quello della Memoria, per la firma apposta dal bisnonno alle leggi razziali del 1938. Io penso che le scuse, benché tardive, vadano accolte e apprezzate. Le colpe degli avi non possono ricadere sui discendenti: la nemesi storica è un non senso. Responsabili delle persecuzioni e della tragedia degli ebrei italiani sono in primis Vittorio Emanuele III, personaggio storico assai discusso (non solo per le leggi razziali) e Mussolini. Nel Giorno della Memoria, non dovremmo parlare anche delle colpe del popolo italiano? Abbiamo fatto veramente i conti con la Shoah? Non è riduttivo imputare la tragedia degli ebrei esclusivamente alle massime autorità italiane?
Domenico Mattia TestaGentile direttore,
vorrei porle due domande. Prima domanda: celebriamo anche quest’anno la Giornata della Memoria. Perché è così importante distinguere in modo netto la Shoah da tutti gli altri genocidi passati e attuali? Sono tanto diversi i profughi che sopravvivono in Bosnia fra l’indifferenza generale e gli ebrei stipati nei carri merci trasparenti agli occhi del mondo? Seconda domanda: ormai è passato quasi un anno dalle prime chiusure di transito fra Paesi e all’interno degli stessi: il mercato della prostituzione si è modificato? Come? Più in generale la tratta di esseri umani è aumentata o diminuita?
Mi ha fatto bene ricevere lettere come queste alla vigilia del Giorno della Memoria. Impegni consapevoli e maturi, come quello di Vincenzo Andraous, uno che i conti con il male li ha fatti, e ormai da anni, si batte non solo per se stesso. La poesia solidale, innocente e luminosa di Maria Chiara. L’indignazione di Domenico Testa per l’abominio della Leggi razziali e la cooperazione fascista coi nazisti sterminatori di ebrei e di “diversi”, così profonda da non fare sconti ai reali e ai potenti di allora e neppure agli «italiani brava gente» che si adeguarono o magari ne approfittarono. E le domande da coscienza inquieta di una signora che chiede di non firmare per non essere etichettata come negatrice dell’unicità della Shoah. Non dobbiamo avere pace di fronte alle tracce atroci del mostro che pianificò lo sterminio dei milioni di persone che oggi ricordiamo. Non si può aver pace, ma si può costruirla: con giustizia, per amore.