Non ci possiamo rassegnare al trionfo del lato oscuro della vita e della cronaca
Caro direttore,
volevo parlarle di una cosa che noto accade sempre più spesso. Nelle trasmissioni 'contenitore' dove si parla di politica, di cronaca, di gossip e dell’ultimo film in uscita, sempre più spesso si trattano con leggerezza temi che di leggero non hanno nulla. Donne bruciate dall’ex marito, ragazze fatte a pezzi, la storia di una signora che ha avuto un figlio da un ragazzino a cui dava ripetizioni. Questi temi trattati a intervallo, con temi più frivoli, finiscono per sminuire la gravità dei fatti e dati in pasto ad un pubblico non sempre adulto che sta davanti allo schermo e si trova ad assorbire notizie che avrebbero bisogno di tempi non televisivi, per essere ascoltate, metabolizzate e giudicate. Trovo che non vi sia la minima attenzione per i bambini, le persone minorenni che ogni giorno vengono 'abbeverate' con queste notizie. Facciamo un conto di quanti racconti di: omicidi, femminicidi, violenze varie, un bambino ascolta nell’arco di dodici mesi! La violenza educa, male, ma educa... Concludo, citando l’attrice che intervistata di mattino su un canale di larghi ascolti ha svelato il suo 'interessamento particolare' nei confronti del figlio del suo parrucchiere. Non solo dando notizie sufficienti a farlo identificare, ma senza mostrare di avere presente di come un adulto possa essere violento nei confronti della mente, del fisico e del futuro di una persona che sta crescendo, che va formando la sua identità. La signora dice che «non è successo niente», ma questo parlarne con leggerezza mi pare già una violenza che noi tutti adulti stiamo facendo non solo a quel bambino in particolare, ma all’infanzia in genere. Al di là delle polemiche di facciata, mi pare che si voglia sdoganare la pedofilia trattandola con troppa leggerezza e non per ciò che è, un’aberrante violenza nei confronti del futuro di quei bambini o bambine vittime di questi soprusi. Le parole e le trasmissioni hanno un peso, si comincia con il parlarne con leggerezza e si finisce per credere che non esista il male. Ma chi abusa dei bambini, uccide il loro domani, noi adulti sembriamo averlo scordato.
Nerella BuggioGentile direttore,
qualche tempo fa il magistrato e scrittore De Cataldo sottolineava in una trasmissione televisiva del mattino che la cronaca nera ha assunto nei media del nostro Paese un’importanza abnorme che non trova riscontro in altri Paesi. La conduttrice si è stupita. Questo la dice lunga sulla consapevolezza del fenomeno proprio da parte di chi ogni giorno sbatte il mostro in prima pagina . I riflessi sul tema sicurezza sono evidenti.
Angelo RavagliaCaro direttore,
la stampa, sia quotidiana sia settimanale, è sempre prodiga di cattive notizie, forse perché ad attrarre e a fare scoop è più il male che il bene, in ossequio a quanto Franz Kafka scrisse nei suoi diari: «Il bene, in un certo senso, è desolante». Per fortuna però, come «un po’ di sole nell’acqua gelida», le buone notizie ci sono, come quelle che riporta la rubrica 'Dulcis in fundo' del nostro 'Avvenire', alle quali vorrei aggiungerne una: poco tempo fa gli alunni di una scuola elementare di Garlate hanno tra loro raccolto una colletta per riparare un tubo che avevano danneggiato giocando, consegnando poi al Sindaco un salvadanaio con i loro risparmi. Questo episodio da libro 'Cuore' ci dice molte cose. Che l’esempio di vita più luminoso spesso può venirci dall’innocenza e dalla candida spontaneità dei bimbi e che, venendo al mondo, si nasce tutti senza malizia. Tocca ai genitori, troppe volte ignari del difficile mestiere della genitorialità, conservare e allevare al meglio tali doti innate. Chi diceva «datemi genitori migliori e vi darò figli migliori»? Il bullismo dilagante non è mai figlio dei figli ma sempre figlio di mamma e papà.
Edgardo Grillo«Il bullismo dilagante non è mai figlio dei figli ma sempre figlio di mamma e papà», scrive l’amico Edgardo Grillo. E i cronisti che si lasciano affascinare e trascinare esclusivamente dal 'lato oscuro della forza' (informativa), aggiungo io, purtroppo sono 'padri e madri' del bullismo che sembra travolgere irrimediabilmente una parte non piccola né irrilevante della comunicazione nel nostro Paese. Lo scrivo in modo franco e anche un po’ ruvido, ispirato dall’immagine conclusiva della terza delle lettere che precedono questa mia risposta. Ma soprattutto lo scrivo con preoccupazione, perché il problema è noto eppure continua a ingigantirsi, segno che non lo si prende davvero sul serio e che non si sta facendo il necessario per risolverlo.
A sottolineare che siamo su una china drammatica sono, oltre a certe 'prime pagine' e certi sommari dei notiziari radiotelevisivi, i periodici, giustamente allarmati e allarmanti Rapporti di centri di studio e di analisi importanti – penso, in particolare, a quello dedicato alla sicurezza, e all’informazione sui fatti a essa collegati, che viene pubblicato ogni anno dalla Fondazione Unipolis con uno spirito esemplarmente propositivo rispetto al mondo dei media. Cito alcuni dati a memoria (li ricordo proprio perché non riesco a togliermeli dalla mente): i due terzi delle notizie diffuse dal sistema mediatico italiano sono di tipo 'ansiogeno', tali cioè da suscitare ansia, senso di insicurezza, addirittura paure. E questo a livello di vita quotidiana, di politica, di economia, persino di religione...
Se poi ci concentriamo sulla cronaca nera propriamente detta (che assomma in sé «omicidi, femminicidi, violenze varie», cito un passaggio del vibrante e fondato j’accuse in forma di lettera di Nerella Buggio), vediamo certificare una densità di notizie che supera abbondantemente il 50 per cento del totale. Una dominante narrativa 'oscura' – insisto su questo aggettivo – che non ha eguali in Europa e che spiega come mai l’Italia abbia vissuto in questi anni una sorta di delirio di insicurezza. Qualcuno, sebbene non riesco a capire come faccia, si stupirà anche di questo dato, proprio come la conduttrice tv citata dal lettore Ravaglia. Non c’è da meravigliarsi di questa reazione eppure c’è da spalancare occhi e bocca: siamo un Paese davvero paradossale.
Nelle nostre città e nei nostri territori, nonostante l’ammorbante presenze delle mafie e altri rischi mai da sottovalutare, si sono via via registrati livelli di criminalità calanti e tra i più bassi del mondo e il Bel Paese resterà nei libri di storia come l’unico grande Stato occidentale a non aver subìto sanguinosi attacchi terroristici nella fase più acuta dell’offensiva jihadista a cavallo tra i primi due decenni del XXI secolo. Un dato oggettivo, non un’assicurazione per il futuro. Ma anche un monito. Non vedere e non valorizzare le tante cose buone che ogni giorno accadono ed enfatizzare, invece, le negative è profondamente diseducativo e prepara un futuro peggiore. Faccio un esempio non casuale: disprezzare o ignorare e comunque considerare sostanzialmente irrilevanti i leader (e i semplici credenti) musulmani che lavorano per il dialogo e la pacifica convivenza con i cristiani, gli ebrei e i fedeli di altre religioni, insultarli, confonderli con gli islamisti più intolleranti fa bene o male alla causa della pace, nel rispetto reciproco, e di un mondo come «casa comune»? La risposta è scontata: fa malissimo.
Eppure gli spacciatori di ansia e di umori cattivi non si fermano... Per questo facciamo 'Avvenire' in tutt’altro modo rispetto a questa modalità e a quelle deformazioni. Grazie all’amica e agli amici lettori che mi hanno spinto a ragionarci di nuovo su. Buone letture a tutti, continuando a scegliere bene.