Sociale. Non chiudete quelle porte. Così si soffocano le coop sane e Peppino non lavora
E adesso chi glielo dice a Peppino che il 7 gennaio non potrà più andare al lavoro? Quel lavoro che gli piace tanto, che lo ha fatto crescere e ha dato un senso alla sua vita complicata. Peppino ha 25 anni ed è un ragazzo autistico. Dal 2016 fa il cameriere nel ristorante-pizzeria "Nco", Nuova cucina organizzata, realizzato a Casal di Principe in una villa confiscata al camorrista Mario Caterino detto ’a Botta, una delle "ville bunker" del clan dei "casalesi", prima simbolo del loro potere poi, da anni, simbolo del riscatto di questo territorio. E non solo perché questi beni tolti ai clan sono diventati "beni comuni", ma soprattutto perché sono stati riempiti di vita. Come quella di Peppino.
Quando ha cominciato, Peppino quasi non parlava e si limitava a portare l’acqua e il pane. Oggi è un cameriere modello, prende le ordinazioni, apparecchia e sparecchia, fa il caffè, versa il vino, dialoga, si informa. Con chi conosce parla dei suoi problemi e del suo lavoro.
Un lavoro che per lui è stato la miglior terapia, al punto da permettergli di ridurre i farmaci, come conferma Massimo Madonna che guida il locale e che per Peppino è quasi un fratello maggiore. Davvero un successo, e non solo per questo ragazzo.
Nel ristorante-pizzeria lavorano, infatti, quattro disabili, Peppino e Paoletto in sala, Antonio e Mosvaldo in cucina. Tutti con ottimi risultati. "Nco" è un luogo di doppio riscatto, diventato negli anni famoso sia per il valore sociale dell’iniziativa sia per come si mangia, per la qualità dei prodotti, tutti del territorio, della "Campania felix" che non vuole più essere "terra di Gomorra" e "terra dei fuochi".
Un’esperienza da sostenere. E invece il 7 gennaio la cooperativa Agropoli che gestisce questo e altri beni confiscati, sarà costretta a chiudere lasciando a casa anche Peppino e i suoi "colleghi".
È un episodio della «guerra alla solidarietà», che questo giornale denuncia e documenta da tempo, che qualcuno conduce con deliberata intenzione e qualcun altro per disattenzione e sufficienza.
Qui, la responsabilità è della Regione Campania e di alcuni Comuni. Fondi dovuti che non arrivano da due anni.
Eppure proprio in Campania era nato nel 2004 un sistema innovativo di integrazione. In quell’anno il dottor Angelo Righetti, forte dell’esperienza con Franco Basaglia a Trieste che portò alla legge 180 sulla chiusura dei manicomi, viene nominato responsabile sociosanitario della Asl di Caserta. Nascono i Ptri (Progetti terapeutici riabilitativi individualizzati) sostenuti dal Budget di salute. È una vera rivoluzione legata a tre assi: casa, socialità e affettività, lavoro.
Giovani già impegnati nel sociale fanno nascere cooperative che grazie a questi fondi personalizzati permettono agli "scarti" di trovare una vita e uno scopo. Si usano i beni tolti alla camorra. Ed è un successo. Nel 2007 nasce "Nco".
Nel 2012, però, la Regione (governata dal centrodestra) decide di far pagare la metà dei servizi erogati ai Comuni, tanti dei quali – essendo in sofferenza di cassa – non versano le quote stabilite a discapito proprio delle cooperative. Ecco i gravi ritardi.
E oltre al danno arriva la beffa. Un Decreto della Giunta Regionale del 2016 (al timone c’è stavolta il centrosinistra), stabilisce che le prestazioni sociosanitarie erogate dai Centri Accreditati (le grosse strutture) beneficiano delle anticipazioni economiche regionali, mentre le cooperative che gestiscono i Budget di salute no.
Due pesi e due misure che penalizzano le virtuose cooperative sociali. La storia di Peppino e della "Nco", infatti, non è l’unica a rischio. La cioccolateria sociale "Dulcis in fundo", realizzata dalla cooperativa Davar nella villa confiscata a Maurizio Russo e dove sette disabili producono cioccolata e dolci, attende fondi del 2017 e 2018.
La cooperativa "La forza del silenzio" che nella villa del boss Francesco "Sandokan" Schiavone accoglie più di 90 ragazzi autistici, deve ricevere ancora i fondi degli ultimi due anni.
E molto presto entrerà in crisi anche la cooperativa "Al di là dei sogni" di Sessa Aurunca che sui terreni confiscati al clan locale ha ridato vita ai "matti", ex internati nei manicomi e negli Opg. Storie bellissime di rinascita personale e sociale, esempi di un Sud che fa scuola. E per questo fa ancora più male che siano messe in grave difficoltà. Con conseguenze che pagheranno persone e famiglie.
Mentre questo articolo prende forma, Massimo Madonna ci informa che Peppino ha saputo. Lo ha chiamato, dicendo di averlo letto su Facebook. Già, perché anche un ragazzo autistico, se ben seguito, può usare i social.
E la sua reazione commuove. «Non possono fare così, non è giusto», ha ripetuto più volte.
Ha ragione, Peppino. Davvero non è giusto che un’esperienza come questa debba chiudere. Non è giusto che belle storie come quelle germinate in questa terra difficile siano messe in difficoltà. Non è giusto che soggetti fragili, un tempo scarti e oggi persone, siano trattati con insensibilità. Non è giusto che leggi sbagliate, una politica distratta od ostile e una burocrazia algida, rompano percorsi di vita. Peppino ha proprio ragione, non è giusto.
Ma c’è ancora tempo per rimediare. Per ridare futuro e sorriso a queste persone ritrovate. Saper correggere un grave errore sarebbe un gesto di vera politica. E di giustizia. Non chiudete quelle porte aperte sul futuro.