Il direttore risponde. «Noi, sentinelle, mai contro le persone». Questo è il modo giusto di dire la verità
Gentile direttore,
leggo sempre con interesse "Avvenire" e la ringrazio per il suo lavoro e per il suo impegno a informare anche su tematiche scomode, che sfidano il pensiero comune e interrogano l’essenza profonda dell’uomo. Le scrivo in merito all’articolo: «Omofobia, offese contro le "Sentinelle"» di Viviana Daloiso. Ho letto con interesse il pezzo e ho apprezzato il fatto che sia stato dato spazio alle "Sentinelle in piedi", una realtà che sta crescendo in Italia e che coinvolge tantissime persone comuni – uomini, donne, ragazzi... – uniti dalla preoccupazione di non poter più, un domani, esprimere liberamente la propria opinione circa la bellezza e il valore della famiglia tradizionale, fondata sull’unione tra un uomo e una donna; circa il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre; e circa la libertà di educazione dei propri figli, specie in materia sessuale. Sono una "sentinella" che è scesa in piazza a Trento lo scorso 28 febbraio e, nonostante vi sia stata una contromanifestazione degli attivisti del Comitato Arcigay locale, tengo a chiarire che non vi sono stati scontri violenti o aggressioni. Le "sentinelle", infatti, non sono contro le persone, anzi! Concludo citando un estratto della lettera scritta dall’allora cardinale Bergoglio il 5 luglio 2010 e indirizzata al dottor Justo Carbajales: «No, il matrimonio di un uomo e di una donna non è la stessa cosa dell’unione di due persone dello stesso sesso. Distinguere non è discriminare, al contrario è rispettare. Differenziare per discernere è valutare in modo proprio, non è discriminare. In un’epoca in cui si insiste tanto sulla ricchezza del pluralismo e della diversità culturale e sociale, è davvero contraddittorio minimizzare le differenze umane fondamentali. Un padre e una madre non sono la stessa cosa».
Giulia Tanel