Internet. No alla morte via Facebook
In Rete circolano video di adolescenti ubriachi che fanno lo slalom a tutta velocità tra le auto su una strada in discesa e che si gettano in laghi e fiumi gelati da altezze vertiginose. Urlano, ridono, si fanno beffa della morte. Probabilmente durante il «gioco» urlavano e ridevano anche Jonny Byrne e Ross Cummins, due ragazzi irlandesi di 19 e 22 anni. Vivevano a parecchi chilometri di distanza – il primo in campagna, il secondo a Dublino – e non si conoscevano. Ma erano stati entrambi «necknominati». Sono morti a poche ore di distanza l’uno dall’altro.
Il padre di Byrne, dopo qualche ora, ha lanciato un appello in tv «per chiedere a Facebook di chiudere la pagina di necknomination». Anche il ministro irlandese delle Comunicazioni l’ha chiesto a gran voce e dopo 48 ore la pagina è stata chiusa. Quella irlandese, però. Tutte le altre già nate nel mondo (gli inventori di questa follia sarebbero ragazzi australiani) per reclutare «giocatori», al momento sono ancora aperte.
Se fosse un film, scriveremmo che l’abbiamo già visto. E che la trama è orribilmente stantia: alcuni ragazzi sfidano la morte attraverso quello che chiamano «un gioco», Facebook e YouTube amplificano le loro follie, e quando qualcuno muore la Rete fa finta di niente. Come se i giganti di internet, i vari padroni di Facebook, Google e compagnia miliardaria non solo non avessero un cuore ma nemmeno figli, fratelli o nipoti a rischio. Come se questo fosse davvero un film. Peccato che sia la vita. Anzi, la morte.