In classe tutto giugno? Logico e utile. Niente scherzi sulla scuola
Scusate, sulla scuola stavamo tutti scherzando. Quando venivano lanciati gli allarmi sul rischio che la pandemia facesse aumentare la dispersione e l’abbandono, si esagerava. Frasi come «la Didattica a distanza non è come far lezione di persona» e «i ragazzi sconteranno da adulti i buchi nella loro preparazione», si dicevano così, tanto per dire. E gli studenti che occupavano i cortili degli istituti o seguivano le lezioni sui marciapiedi, erano solo piccoli fan(atici), non eroi dell’impegno come invece li si dipingeva. Sì, è vero, ad aprile scorso avevamo stimato che un bambino su quattro non avesse a disposizione né computer né linea veloce per studiare da casa. E ancora l’altro giorno Unicef e Università Cattolica hanno avvertito che un terzo delle famiglie è stato in difficoltà a far seguire le lezioni a distanza. Ma erano evidentemente preoccupazioni esagerate, pensieri troppo negativi. E infatti è stato sufficiente affacciare l’ipotesi che l’attività scolastica potesse proseguire per altre due o tre settimane, sino a fine giugno, e tutti questi problemi si sono dissolti come neve al sole. Si scherzava, dai...
A scuola non si può stare a giugno: fa caldo, ci sono gli esami di maturità, la coda degli scrutini... Gli studenti hanno detto «no, le vacanze non si toccano» e sono quelli che si comprendono più facilmente. La gran parte degli insegnanti ha fatto muro: abbiamo già faticato tantissimo quest’anno – nessuno lo nega! – non possiamo lavorare ancora. Anche se, in effetti, in quel periodo sono 'a disposizione' della scuola e dunque potrebbero farlo agevolmente, prolungando il contratto ai soli precari.
Pure i presidi sono inorriditi: un altro tempo scuola da organizzare in appena tre mesi, dopo i mille cambi di orientamento che si sono succeduti? I sindacati (tranne qualche eccezione) hanno iniziato a pensare ogni possibile obiezione da mettere in campo pur di dire 'no', non si può fare: è mancata, finora, solo l’evocazione delle cavallette. Il nuovo trend, nel frattempo, è diventata la difesa a oltranza della Dad. Prima era complicata e non bastava, ora la si rivaluta convintamente per dire che è stata più che sufficiente.
"Abbiamo concluso il programma', si sente dire da molti professori. Un miracolo della tecnologia, perché dal secondo Dopoguerra non v’è memoria d’un solo professore che abbia portato a termine l’intero vastissimo programma ministeriale, senza lasciarne una parte in eredità all’anno successivo o agli studenti da completare durante le vacanze. E se prima ci si lamentava che le verifiche dei ragazzi delle superiori fossero in effetti delle 'falsifiche' svolte in 'associazione a rispondere' tramite app di condivisione, adesso che a giugno si potrebbe saggiare effettivamente l’apprendimento degli studenti, si preferisce rinunciare. Fino a qualche giorno fa dalle cattedre si sollevavano alti lai perché i ragazzi non accendevano le webcam, ora che invece li si potrebbe incontrare de visu per qualche settimana in più, la tanto acuta nostalgia delle loro fisionomie pare scomparsa d’un tratto. Beninteso, ci sono situazioni diverse per età e corso scolastico. Un bambino delle elementari che già normalmente va a scuola con il tempo pieno, forse non dovrebbe essere impegnato a lungo anche d’estate, è vero.
Ha diritto a vivere la sua infanzia pure nella libertà del gioco nelle lunghe vacanze estive. Ma quanti di loro hanno perso tempo-scuola di qualità durante il primo lockdown, che potrebbe essere recuperato almeno un po’ a giugno? Quanti, per la scelta di alcune Regioni del Sud, sono stati esclusi dalle lezioni per settimane, riammessi solo grazie a un Tar? E i ragazzi delle medie non hanno forse sofferto la mancanza della scuola per lunghi periodi? La Didattica a distanza è stata importantissima, ma non si è ripetuto all’infinito che andava integrata con quella in presenza?
Quelle 2 o 3 settimane in più non devono essere per forza solo un periodo di noioso, seppur utile ripasso, ma l’occasione per svolgere i tanti laboratori che non è stato possibile tenere causa virus, per inventarsi una didattica diversa, più coinvolgente ma altrettanto utile. Si possono impegnare dei giorni anche per le uscite didattiche che non si sono tenute durante l’anno trascorso. Se erano considerate utili prima – e non delle semplici perdite di tempo – perché non recuperarle a inizio estate? L’idea prevalente, purtroppo, sembra che la scuola sia solo un dovere o peggio una punizione. E che dunque prolungarne la durata per 21 giorni sia come allungare il fine pena a scadenza d’una condanna.
L’istruzione garantita a tutti, il tempo di una scuola libera e partecipata sono invece un’opportunità e un privilegio di cui non ci rendiamo conto abbastanza o che pensiamo sacrificabile a qualsiasi cosa d’altro. Eppure questa pandemia ci ha rivelato una volta ancora che solo un 'di più' d’impegno da parte di tutti è ciò che salva. Lo hanno dimostrato medici e infermieri negli ospedali, tanti lavoratori al loro posto anche nei lockdown. L’hanno fatto, possono farlo ancora e, appunto, 'di più' insegnanti e studenti. Perché sulle preoccupazioni per il presente e il futuro dei nostri ragazzi, no, non stavamo scherzando affatto.