Il direttore risponde. Niente giochi: vogliamo scegliere
Caro direttore,
le propongo un argomento che mi sta a cuore e che è tornato, al momento, di viva attualità: mi riferisco alla legge elettorale. Tutti siamo d’accordo sul fatto che quella vigente sia veramente infelice, perché non permette all’elettore di scegliere il suo candidato per via delle liste bloccate decise dai partiti. Ciò premesso, mi sembra che ne sia in pentola una ancora peggiore e cioè il ritorno ai collegi elettorali, laddove l’elettore avrebbe la possibilità di scegliere non fra più liste, ma esclusivamente in una rosa di un unico candidato per ciascun partito-schieramento, in pratica fra due, dato che il sistema permette a un solo candidato per collegio di essere eletto. Accanto ai collegi sussisterebbero, pare, liste per eleggere una parte dei parlamentari e queste liste sarebbero... bloccate! In conclusione avremmo la combinazione dei due peggiori sistemi! Il Parlamento è sovrano e farà quel che vuole, ma non ci si prenda in giro dicendoci che così saremmo più liberi di scegliere! Inoltre i collegi elettorali favoriscono i due partiti maggiori tagliando possibilità ai partiti minori. È opportuno evitare l’eccessiva frantumazione dell’elettorato con uno sbarramento, ma non lasciare il totale monopolio della politica ai due partiti maggiori, negandoci inoltre la possibilità di esercitare in questi due contenitori, espressione di tante anime diverse al loro interno, la preferenza per un candidato che risponda maggiormente al pensiero dell’elettore. E infine è matematicamente certo che, a seconda della distribuzione e della concentrazione dei voti nei vari collegi, possa venir fuori una maggioranza parlamentare diversa da quella delle urne.
Mi pare dunque che il sistema migliore sia ancora quello proporzionale, con una preferenza, ed eventualmente qualche correttivo, quale un tetto di sbarramento (ad esempio il 5%) e un modico premio di maggioranza, Io ho votato per la prima volta nel 1953, quando si trattò da "legge truffa" quella che prevedeva un premio di maggioranza alla coalizione vincente che avesse raggiunto una certa percentuale, che poi non fu raggiunta...
Benedetto Patrizi, Roma