Reddito di cittadinanza. Niente giochi di partito sulla pelle dei poveri
Ci sono almeno tre modi per affrontare la discussione parlamentare sul Reddito di cittadinanza. I primi due sono semplici: contrastarlo a viso aperto, perché contrari nel merito, oppure cercare di correggerne i difetti per migliorarlo. Poi c’è il terzo: impegnarsi nel gioco preferito di alcuni deputati e senatori, quello degli emendamenti-ostacolo, presentati a bella posta non solo per rendere più difficile l’approvazione del provvedimento, ma spesso per snaturarlo surrettiziamente grazie a un piccolo comma, una condizionalità in più, un paletto ulteriore. Di norma, l’opposizione contrasta, la maggioranza cerca di migliorare. Questa volta, invece, sul Reddito di cittadinanza molti sia da una parte che dall’altra sembrano più impegnati a piantare ostacoli, paletti e bandierine che ad affrontare in maniera seria e lungimirante una misura fondamentale per la parte più debole del Paese. Forza Italia e Fdi sono contrari al Reddito di cittadinanza, mentre il Partito democratico è ancora indeciso se comportarsi in maniera sdegnosa o impegnarsi per il bene della povera gente e trovare la maniera di fare assomigliare il più possibile il Reddito di cittadinanza al 'suo' Reddito di inserimento (di fatto potenziandolo).
Più interessanti e indicativi sono, però, gli oltre 70 emendamenti proposti dalla maggioranza. Non mancano proposte utili e condivisibili, come quella di incrementare le scale di equivalenza per i componenti delle famiglie, oltre il richiedente, portando dallo 0,2 allo 0,3 il peso di ogni figlio minorenne. E così pure per i disabili che conterebbero per lo 0,5 (anziché 0,4) se maggiorenni. Si tratta, però, solo di piccoli miglioramenti, che non risolvono la sproporzione tra aiuti (consistenti) concessi ai single e quelli ai nuclei più numerosi, per i quali i 500 euro di contributo per un singolo verrebbero moltiplicati fino al 2,5 dal 2,1 oggi previsto in caso di 6 o più componenti. Basta considerare che i parametri corrispondenti stabiliti per l’Isee e per il vigente (e meno finanziato) Rei considerano in misura maggiore sia i figli (0,57 ognuno) sia le famiglie numerose (2,88 con 6 componenti). L’impegno maggiore della Lega, invece, sembra rivolto a piantare altri paletti per rendere ancora più difficile l’accesso agli stranieri e più tortuoso il percorso di inserimento dei giovani. Per gli extracomunitari regolarmente in Italia, infatti, oltre ai 10 anni di residenza si richiede una traduzione in italiano del certificato di composizione del nucleo familiare dello Stato d’origine. Non se ne comprende l’utilità, se non come mero ostacolo strumentale, visto che si tratta di persone che abitano ufficialmente in Italia da anni, e dunque sono iscritti all’anagrafe di un Comune italiano già con un loro regolare stato di famiglia.
I giovani, invece, li si vorrebbe impegnati maggiormente in lavori socialmente utili, per 36 ore a settimana rispetto alle 8 previste, anziché indirizzarli a corsi di formazione, certamente più utili per trovare un’occupazione. Ancora, la Lega vorrebbe limitare l’ammissione al Reddito di cittadinanza solo a chi ha versato almeno 2 anni di contributi. Ma, come avviene oggi per gli ammortizzatori sociali, così verrebbero privilegiati i disoccupati ai danni degli inoccupati o dei precari. Non è facile, al momento, comprendere quali e quanti degli emendamenti presentati in Commissione Lavoro del Senato rappresentino una reale volontà di cambiamento – giusta o sbagliata che sia – del decreto sul Reddito di cittadinanza e quali e quanti rispondano invece a una logica meramente politica. Proposte di modifica come strumenti di rivalsa e di pressione rispetto al 'no' alla Tav espresso dai 5stelle e altri ancora figli di un pregiudizio negativo verso chi non ha un lavoro. Di certo, però, ciò che i poveri e i disoccupati di questo Paese non si meritano è un dibattito parlamentare 'inquinato' da altri giochi e l’approvazione di una legge, oltre che complessa, anche pasticciata.