Opinioni

Il direttore risponde. «Nessun regalo ai big dell’azzardo» Ma, ahinoi, è una brutta storia vera

Marco Tarquinio sabato 7 marzo 2015
​Gentile direttore,a meno che non si voglia deliberatamente confondere una parte in causa, cioè l’accusa, con l’organo terzo chiamato a emanare una sentenza, scrivere – come fatto nell’articolo di Nello Scavo pubblicato il 4 marzo da “Avvenire” dal titolo “Il grande regalo ai big dell’azzardo” – che le società concessionarie del gioco legale in Italia «dovevano allo Stato 98 miliardi» è non solo un’affermazione priva di fondamento, ma rischia di essere anche estremamente fuorviante nei confronti dei lettori. Questa presunta “maxi-multa” infatti non è mai stata comminata, né tantomeno “scontata”, nei confronti delle società del gioco legale. Lo Stato non ha mai chiesto ai concessionari tale cifra. I 98 miliardi rappresentavano infatti solo una prima quantificazione di “risarcimento” avanzata nel maggio 2007 dalla Procura Regionale del Lazio della Corte dei Conti, l’accusa appunto, a seguito della non applicazione di penali amministrative correlate al mancato collegamento di un certo numero di slot alla rete telematica dei Monopoli di Stato che registra le giocate. Questa prima quantificazione, tra l’altro, non teneva in conto il fatto che la rete era inesistente alla data di affidamento delle concessioni ed è stata attivata solo successivamente tra diverse difficoltà tecniche. Una circostanza che non ha comunque causato né danni erariali né cali della raccolta. E questo grazie al meccanismo del forfait fiscale, una somma fissa a carico dei concessionari, passata negli anni da 155 a 280 euro giornalieri, che ha invece prodotto un surplus di 787 milioni di euro rispetto alle previsioni. Proprio per tale motivo, nel febbraio 2012, la Corte dei Conti ha applicato una sanzione di circa 50 volte inferiore a quanto riportato, pari a 2,5 miliardi di euro. Una cifra che nel novembre 2013 la Corte d’Appello ha ridotto, sulla base della norma relativa alla definizione agevolata dei contenziosi contabili, fissandola al 30% della somma stabilità in primo grado. Non si tratta dunque né di oscuri commi e cavilli, né di particolari atteggiamenti di benevolenza. Ma di Leggi dello Stato e di sentenze emanate dalla Corte dei Conti, troppo spesso confuse, come in questo caso, con le richiesta avanzate Procura. Così come non rappresentano cavilli o aspetti trascurabili le cifre del gettito erariale che il settore del gioco legale in Italia riesce a garantire: senza far riferimento alle previsioni dal 2015 al 2017 in termini di entrare riportate nell’articolo, nel solo 2013, 8,2 miliardi di euro di gettito erariale, con un aumento dell’1,7% rispetto al 2012, facendo fronte ad una tassazione che, secondo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, si è attestata nello stesso anno intorno al 49%. Chiariti questi aspetti, ribadiscono la mia disponibilità personale e quella dell’Associazione che rappresento a fornire tutti gli approfondimenti d’interesse sul gioco legale in Italia, sempre con l’obiettivo di contribuire a offrire un’informazione completa e obiettiva, affinché i vostri lettori possano maturare un’opinione avendo a disposizione tutti i punti di vista e gli elementi necessari. Cordiali saluti.Massimo Passamonti, presidente Confindustria-Sistema Gioco ItaliaPersino in Italia, gentile presidente Passamonti, ingloriosamente trasformata in principale terra di conquista dell’azzardo europeo sembrerà un’impresa temeraria il suo tentativo di trasformare in un puro e impalpabile desiderio della giustizia contabile le monumentali penali irrogate per il caso della miriade di “macchinette” fatte funzionare fuori della legge... Prima di tutto perché la cifra – oltre 98 miliardi di euro – posta a carico dei concessionari era in principio davvero mostruosa, in secondo luogo perché essa era il frutto non di un ghiribizzo, ma il risultato di dati reali e pesantissimi: il calcolo puro e semplice del numero di “terminali” dell’azzardo rimasti scollegati dal cervellone centrale dei Monopoli dello Stato e della montagna di ore durante le quali, in quella condizione, erano stati fatti girare a pieno regime: una gigantesca, furba, intollerabile eppure a lungo ininterrotta irregolarità dell’industria dell’azzardo che viene definita legale. Se la sanzione è stata poi altrettanto enormemente ammorbidita – lo sappiamo lei, io, i miei colleghi che ne hanno scritto a cominciare da Nello Scavo, tutti i cittadini interessati, parecchi politici e non pochi esponenti della pubblica amministrazione – è perché chi allora doveva vigilare, segnalare e impedire che quella vergogna proseguisse, cioè i vertici dei Monopoli dello Stato, non fu – diciamo così – esattamente attento, scattante, reattivo, efficace... Il resto – l’abbiamo a più riprese documentato – è un’annosa “guerra”, combattuta sulla scena non solo giudiziaria e, almeno altrettanto, dietro le quinte. Una guerra non ancora finita (tra ricorsi, sentenze, negoziati, blitz parlamentari, diktat ministeriali, parziali condoni, sconti...) che vede vittime, checché se ne dica, le casse pubbliche e moltitudini di persone, famiglie e imprese travolte dall’azzardo senza argini e dalle dipendenze che questo «non-gioco» crea e moltiplica. Continuano, intanto, ad aumentare i costi sociali e umani in un’Italia ridotta ad Azzardopoli (stimati in almeno 30 miliardi di euro l’anno dalla Procura nazionale antimafia), mentre diminuiscono gli incassi del Fisco (-2,18% secondo i dati resi noti a fine gennaio). Ma si rinsalda anche la presa sul “settore” della criminalità organizzata e s’impennano gli affari dell’azzardo d’importazione (di strumenti e macchinari “esteri”) e di esportazione (di soldi italiani). Realtà figlie delle folle logica del “niente limiti” che è diventata regina – nonostante la resistenza civile di un vasto mondo associativo, di gruppi informali di cittadini e di buoni politici – danneggiando tutti, gentile presidente Passamonti, anche diverse realtà associate alla sua organizzazione confindustriale. Quello che abbiamo chiamato e continueremo a chiamare «il grande regalo» dello Stato, nelle sue diverse articolazioni, «ai big dell’azzardo» non è una favola, è un brutto capitolo di una brutta storia vera. Una di quelle storie che, da qualunque parte le si prenda e le si guardi, alimentano la sfiducia e l’indignazione dei cittadini-contribuenti ed eccitano l’indignazione degli elettori. A ragione. Ricambio il suo cordiale saluto.