Gentile direttore,
la guerra di Libia volge, forse, al termine. I ribelli stanno prendendo il sopravvento. E proclamano il diritto a uccidere. Nel silenzio generale. I Paesi occidentali, i liberatori, accettano che le vendette siano regolari, che i lealisti aiutati da mercenari meritino la morte. I ribelli non hanno mercenari. Per loro da "mercenaria" ha agito la Nato, scatenando la guerra. Il petrolio è la loro mercede. Per Sarkozy in testa, poi per gli inglesi. Ma anche gli italiani hanno finito per usare bombe "umanitarie", sperando di non venir esclusi dal bottino. Nessuno in Italia osa alzare la voce contro una carneficina che ha fatto e fa infinitamente più vittime di quante se ne ebbero nei naufragi dei profughi verso Lampedusa. Perché nessuno parla? Perché i pacifisti nostrani tacciono? Perché la Chiesa non alza la voce? Perché Avvenire non denuncia in prima pagina queste stragi? La guerra umanitaria è stata approvata anche dal presidente Napolitano (che a suo tempo approvò l’intervento russo a Budapest e quello del Patto di Varsavia a Praga). Il vescovo di Tripoli Martinelli ha parlato invano e con forza dei "pretesti" usati dalla Nato per intervenire. Perché la Chiesa non gli dà retta? Perché la persecuzione razziale dei neri in Libia non desta preoccupazioni di sorta? I nostri telegiornali mostrano solo i ribelli che sparano in aria e avanzano conquistando quello che la Nato loro permette.
G. Musso, Savona