Parisi e la lezione di Lemaître. Nello stupore del reale scienza e fede s'incontrano
Ho molto apprezzato la lettera che il professor Giorgio Parisi ha inviato al direttore di 'Avvenire', nella quale ha voluto chiarire di non riconoscersi in un’affermazione 'sintetica' a lui erroneamente attribuita – «Dio, per me, non è neanche un’ipotesi» – e ha precisato il suo pensiero al riguardo: «L’esistenza di Dio non può essere usata alla stregua di un’ipotesi scientifica». Grazie per questo chiarimento, su un tema tanto importante quanto raramente espresso. Dopo aver onorato l’Italia con il meritatissimo premio Nobel per la Fisica, questo suo breve intervento rivela sensibilità e attenzione anche su un piano più ampio di quello strettamente scientifico.
Credo si tratti di un’osservazione metodologica di capitale importanza che andrebbe tenuta presente da tutti, credenti e non credenti, scienziati e teologi. Personalmente, come fisico entusiasta della scienza e come uomo grato per la fede ricevuta, condivido pienamente l’affermazione di Parisi. Pensare di 'provare Dio' con un esperimento di fisica è inadeguato almeno quanto pretendere di capire se una persona mi vuol bene facendomi una radiografia. Ogni metodo di conoscenza è adatto a rispondere a certe domande, e non ad altre. Tornano alla mente le parole di Georges Lemaître: «Ho troppo rispetto per Dio per poterne fare un’ipotesi scientifica». Naturalmente vale anche il viceversa: come è assurdo mettere Dio sullo stesso piano di un campo magnetico o di un ammasso di galassie, così nessuna scoperta scientifica può essere un valido argomento contro l’esistenza di Dio. Perciò anche quelle posizioni che pretendono di usare la scienza per mettere in un angolo la fede risultano del tutto fuori luogo.
La figura di Lemaître, sopra citato, è illuminante in questo contesto. Egli è stato uno dei più grandi fisici del Novecento, tanto da aver compreso la portata cosmologica della relatività generale meglio dello stesso Einstein. Lemaître era anche un abate cattolico ed è stato presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. Non perdeva occasione di sottolineare l’importanza di una sana distinzione fra i diversi metodi di conoscenza e sosteneva che l’indagine scientifica non può 'dimostrare' né 'confutare' Dio; amava meditare le parole del profeta Isaia: «Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio di Israele, salvatore» (45,15). Nel 1951 Lemaître ebbe un’interessante conversazione con papa Pio XII dopo che questi, in un discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, aveva alluso alla coincidenza tra il «Fiat Lux» della Creazione con l’ipotesi scientifica del Big Bang, che era stata proposta per la prima volta dallo stesso Lemaître. L’abate cosmologo convinse il Papa che era inadeguato identificare l’atto divino della creazione con un certo momento del passato cosmico, per quanto grandioso. Nel creare, Dio dà l’essere a ogni creatura, compresi il tempo e lo spazio, trae dal nulla e ama l’universo in ogni istante, ora come all’inizio. Con le parole di Lemaître, il Creatore «sostiene ogni essere e ogni avvenimento».
Chiaramente la fede e la scienza puntano a livelli di profondità diversi del reale: confondere i loro piani conduce a errori e complicazioni che si possono trascinare anche per secoli. Al tempo stesso, sarebbe riduttivo concepire la domanda religiosa e la ricerca scientifica come due mondi separati, tra i quali non fosse possibile un dialogo ricco e affascinante. Anche perché, pur nella loro chiara diversità, entrambe nascono dal medesimo 'punto caldo': il primordiale stupore dell’essere umano davanti all’enigmatica esistenza della realtà, una realtà che oggettivamente non è opera nostra. L’approccio scientifico intuisce un ordine che sottende l’immensa varietà dei fenomeni nell’universo fisico e tende a rivelare le leggi matematiche che li regolano (leggi che si sono dimostrate sorprendentemente accessibili alla ragione dell’Homo Sapiens); la domanda religiosa, che può sfociare nella fede, nasce invece come esigenza di un significato esauriente della realtà e della nostra stessa esistenza.
Così ricerca scientifica e domanda religiosa, con i loro diversi sguardi sul mondo e le loro ben distinte traiettorie, si incontrano e rinascono nell’essere umano che le vive.
Astronomo e astrofisico, Università di Milano