Vicende (e vita buona) dell’altro mondo. Nelle pieghe più ignorate della cronaca
Sempre più spesso – documentano statistiche e studi specializzati – le persone si allontanano dai mass media, o almeno da un certo tipo di informazione, perché stufe di essere bombardate da notizie allarmanti, negative e, perciò, ansiogene. Non v’è dubbio che il giornalismo che va per la maggiore sia attirato più dalle cattive notizie (bad news) che dal racconto di quanto di positivo, e a volte entusiasmante, accada nel mondo. Ma la buona notizia è che esistono tante fonti, sovente trascurate (non, però, da “Avvenire”…), dove poter attingere a informazioni che restituiscono speranza e suscitano la voglia di impegnarsi per un mondo migliore.
Mi ha sorpreso imbattermi, negli ultimi giorni, in una serie di racconti di fatti molto diversi fra loro, tutti accomunati dall’essere di segno positivo e veicolati da canali informativi “minori”. Il 6 aprile la rivista “Africa” dava conto della singolare invenzione di Darryl Nganou Tiogueu, un ingegnere camerunese di soli 29 anni che ha ideato “Atoum”, un veicolo elettrico a tre posti, pensato per l’utilizzo urbano (100 chilometri di autonomia): una soluzione brillante per ovviare al caos del traffico, che attanaglia ormai anche diverse città africane. Si dirà: un caso isolato.
L’Africa – di norma – fa rima con carestie, guerre, malattia, fame… E invece negli stessi giorni la rivista “Jeune Afrique” parlava dell’attribuzione del Premio mondiale per l’alfabetizzazione proprio a un africano: Alain Capo-Chichi, originario del Benin, residente in Costa d’Avorio. Il suo merito? Aver progettato Open G, uno smartphone dotato di un’applicazione in grado di capire e parlare più di cinquanta lingue africane. Uno strumento preziosissimo in un contesto dove ancora è diffusa la piaga dell’analfabetismo, un freno potentissimo allo sviluppo. Tant’è che il vincitore del prestigioso riconoscimento dell’Università di Oxford ha commentato: « Mio padre mi diceva sempre che non era stupido, ma solo analfabeta». Spostiamoci dall’Africa all’Asia.
A partire dal 1° febbraio 2021 – data del golpe che ha visto i militari riprendere brutalmente il potere – il Myanmar ha fatto parlare di sé, purtroppo, per le violenze che vi si sono susseguite (e ancora non sono finite): l’uccisione di civili, l’arresto e la detenzione di numerosi oppositori, il bombardamento di villaggi, scuole e chiese, la fuga in foresta o in zone remote di decine di migliaia di persone. « Eppure – ci informava l’agenzia AsiaNews pochi giorni fa - è proprio nella disperazione di aver perso tutto che si vedono germogliare i semi della vita che rinasce. Tra i profughi cristiani nei pressi di Taunggyi, capoluogo dello Stato orientale Shan, sono nate nuove comunità che per la prima volta quest’anno, a più di due anni dal colpo di Stato che ha portato alla guerra, celebreranno la Pasqua insieme, mentre tutt’intorno imperversano il caos e la violenza ». È stato così. L’ultima notizia arriva dal Bangladesh, grazie all’agenzia cattolica asiatica UcaNews.
È la testimonianza commovente di Kartik Roy, un indù appena diventato cattolico: uno dei catecumeni che a Pasqua ha ricevuto il battesimo nella parrocchia dedicata “Re della Pace” a Chandpukur, diocesi di Rajshahi. Il parroco è padre Belisario Ciro Montoya, missionario fidei donum colombiano, associato al Pime. Kartik Roy aveva sempre odiato i cristiani, perché pensava che l’induismo fosse l’unica vera religione. Ma ha cambiato radicalmente opinione dopo aver incontrato padre Belisario e la sua comunità: « Ho visto che i cristiani si rispettano e si perdonano l’un l’altro e questo mi ha attirato». Quattro esempi molto diversi fra loro, accostati in modo forse arbitrario: ne convengo. E tuttavia questi pochi frammenti - che mass media poco noti, ma non per questo meno interessanti, ci hanno presentato – confermano che non mancano nella realtà di ogni giorno le piccole gemme del bene, i segni, minuscoli ma non meno preziosi, di riscatto e resurrezione. Sta anche a noi scovarli, saperli decifrare e lasciarci contagiare dal loro essere altrettante promesse di un mondo nuovo.