Verità e legalità. Il nuovo polverone sollevato da alcuni governatori di Regioni del Nord a guida o trazione leghista, giunto all’intollerabile arma della pressione ricattatoria sui Comuni che intendono rispettare le regole – quelle dello Stato italiano e quelle dell’etica dell’accoglienza – richiede soprattutto chiarezza su questi due punti. Verità sui numeri, sugli accordi presi, perfino verità (e onestà) sulle parole, sul "di che cosa si parla". Verità su che cosa significa, di fronte ai profughi, agire «nel nome della legge».Partiamo proprio da qui. Partiamo da chi sta arrivando sulle nostre coste. I cosiddetti "invasori". Si tratta di richiedenti asilo, di persone che fuggono da guerre, violenze, persecuzioni. Sono loro che ora chiedono di essere accolti. Ce lo chiedono i loro occhi, ce lo impongono le norme europee e italiane, in primo luogo la Costituzione, all’articolo 10: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge». Un diritto, dunque, che tutti devono rispettare, a partire da chi ha più responsabilità. Che, oltretutto, non può confondere le acque. Non è corretto, infatti, dire che una Regione non può accogliere questi richiedenti asilo perché già ospita tanti immigrati. Perché in questo caso si tratta di migranti per altri motivi, in gran parte economici. Comodo e cinico, troppo comodo e troppo cinico, utilizzare migranti contro profughi. Ai numeri precisi forniti dal Viminale, che denunciano la grande disparità di accoglienza dei richiedenti asilo tra Sud e Nord, non si può replicare con numeri che riguardano un altro fenomeno.Verità, dunque, rispetto dei diritti umani e del diritto italiano. E anche degli accordi presi. In primo luogo quello firmato da Governo e Regioni il 10 luglio 2014, che prevede la ripartizione dei richiedenti asilo in proporzione alla popolazione italiana residente e ai finanziamenti del Fondo sociale europeo. Un accordo, non una decisione unilaterale del Governo. Ma che ora – questa volta, sì, in modo unilaterale – tre Regioni del Nord vorrebbero violare. Anzi lo stanno già violando visto che proprio Lombardia e Veneto sono lontane dai numeri previsti. E, lo ripetiamo, non si possono giustificare tirando in ballo le "presenze" di immigrati che lavorano come operai in aziende basate nel loro territorio. Per di più, quando un anno fa misero la firma su quell’intesa, conoscevano già quei numeri. Avrebbero potuto non firmare. E sarebbe stato negativo. Ma lo è ancor più, oggi, premere sui Comuni perché non rispettino patti e regole.La legalità non è solo quella che fa più comodo. È giusto chiedere a chi giunge sulla nostre coste di rispettare le nostre regole, ed è giusto colpire, anche duramente, chi non le rispetta. Ma chi non perde occasione per riempirsi la bocca con la parola "legalità" a ogni violazione commessa da un migrante, non è poi credibile se è, lui, il primo a violare le leggi. E cercare di indurre i Comuni alla non-accoglienza è una palese illegalità, quasi un’istigazione a delinquere. Oltretutto sotto ricatto economico. Vero e assurdo ricatto, visto che le Regioni taglierebbero fondi per i residenti-contribuenti e non certo per i centri di accoglienza di profughi e richiedenti asilo che, come è noto, sono finanziati dallo Stato e, in piccolissima parte, dai Comuni stessi. C’è, insomma, una legalità della quale pretendere il rispetto da chi arriva nel nostro Paese, da chi chiede accoglienza, e che riguarda tanto quanto chi questa accoglienza la deve civilmente dare. E non è un buon motivo per smettere di fare la cosa giusta il fatto che qualcuno sull’accoglienza ha fatto sporchi affari, come sta mettendo in luce l’inchiesta "mafia Capitale". Continuare a raccontare agli italiani, in modo interessato, che l’accoglienza dei profughi è solo un
business è una grande menzogna. C’è tanta Italia che, invece, sta aprendo braccia e cuore con efficienza e rispetto delle regole. Associazioni, mondo del volontariato, sana cooperazione, imprenditori generosi, tanti Comuni (al Sud come al Nord), uomini delle istituzioni (a partire dalle Prefetture così poco amate dagli esponenti leghisti). Cercare di impedire, con le minacce e la propaganda, che le braccia e il cuore dell’accoglienza si aprano non significa tenere gli occhi aperti, vuol dire fare un "regalo" ad affaristi. È favorire la cultura dell’illegalità. Che è sempre «cultura dello scarto» di esseri umani.