Opinioni

Le tracce dell'invisibile e lo strapotere di scienza e tecnica. Nel libro della creazione

Fiorenzo Facchini giovedì 7 febbraio 2013
Non poteva essere che essenzialmente biblico e teologico lo sfondo della catechesi che Benedetto XVI ha sviluppato sulla creazione ieri, lasciando da parte aspetti squisitamente filosofici, come il concetto di creazione dal nulla o della temporalità della creazione. Il Papa si rifà all’uso frequente del termine "creazione" con cui la Sacra Scrittura – particolarmente nei Salmi – riporta tutta la realtà a Dio che la vuole nella esistenza con la sua parola, e invita a riconoscere nella creazione, specie quella dell’uomo, il luogo in cui si manifesta l’onnipotenza e la bontà di Dio.Senza citare Galilei, come aveva fatto in altre occasioni, Benedetto XVI invita a leggere il grande libro della natura e a riconoscere in esso le tracce dell’invisibile. Ma è il libro della Scrittura, la Rivelazione, che fa giungere alla piena consapevolezza di Dio Creatore e Padre.Il Papa si chiede se abbia senso parlare di creazione nell’epoca della scienza e della tecnica. Ma la Bibbia, osserva Benedetto XVI, non è un manuale di scienze naturali; essa vuole farci comprendere la verità autentica e profonda delle cose. A questo proposito vorrei cogliere due sottolineature di grande attualità: il disegno di Dio sul mondo e la specificità dell’uomo nella creazione.Come in altre occasioni, il Papa afferma che il mondo «non è un insieme di forze tra loro contrastanti, ma ha la sua origine e la sua stabilità nel Logos, nella Ragione eterna di Dio... C’è un disegno sul mondo che nasce da questa Ragione; la nostra origine non è l’irrazionale e la necessità, ma la ragione e l’amore e la libertà». Le vedute che il Papa contesta sembrano evocare, anche nelle parole, il binomio "caso e necessità" di Jacques Monod, un modo di vedere l’evoluzione che moderne ricerche inducono a ritenere alquanto semplificato e riduttivo. Certamente nella Bibbia non ci viene insegnato come si realizzi il disegno di Dio – in quale rapporto con le proprietà e le leggi della natura – con gli eventi necessari e contingenti che ci vengono descritti dalla scienza. Non ce lo dice la Scrittura, tanto meno Benedetto XVI. L’affermazione di un disegno nasce dalla fede. La ragione umana potrà portare qualche luce su molti punti oggi oscuri e sul principio finalistico che si ritrova a tanti livelli della natura.C’è poi un altro richiamo molto attuale riguardante l’uomo. «L’essere umano è abitato da questo paradosso: la nostra piccolezza e la nostra caducità convivono con la grandezza di ciò che l’amore eterno di Dio ha voluto per lui». La caducità si collega al fatto che «siamo terra, formati dalla terra» (Teilhard de Chardin diceva: «Siamo fatti della stessa stoffa dell’universo»). Non siamo Dio, non ci siamo fatti da soli. «L’essere umano è fatto a immagine e somiglianza di Dio. Tutti allora portiamo in noi l’alito vitale di Dio e ogni vita umana sta sotto la particolare protezione di Dio. Questa è la ragione più profonda dell’inviolabilità della dignità umana contro ogni tentazione di valutare la persona secondo criteri utilitaristici e di potere». Un riferimento chiarissimo alle possibili prevaricazioni sull’uomo, alla sua strumentalizzazione, avanzate a volte proprio in nome della scienza. Nell’ultima parte della catechesi compare un riferimento propriamente ecologico: la creazione come giardino, non foresta selvaggia o «proprietà da saccheggiare e da sfruttare, ma come dono del Creatore». Non manca un cenno al peccato delle origini cui l’uomo è indotto dal serpente ingannatore che cerca di falsare il rapporto di amore con Dio facendolo passare come una catena che priva l’uomo della libertà. È la tentazione di costruirsi un mondo da soli. In questo modo, rifiutando la relazione di dipendenza da Dio, si alterano anche i rapporti tra gli uomini e il male entra nel mondo. Viene posto l’accento sul rapporto tra relazione con Dio e relazione con i fratelli, giacché «l’essere umano è relazione». La riflessione sul peccato originale, «realtà difficile da comprendere», si conclude con il riferimento a Cristo, arricchendo altre riflessioni fatte da Benedetto XVI sullo stesso tema.