I 15 nati a Cremona. Nascite e rivelazioni: questo è il portento
Non c’era giornale, ieri, che non parlasse dei 15 bambini nati nello spazio di 24 ore nell’ospedale di Cremona: in una zona dove aveva trionfato la morte, installandovi un focolaio di Covid, che aveva dato alla città il quinto posto, dopo Milano Bergamo Brescia e Pavia, per numero di decessi da coronavirus, adesso, l’altro ieri, ha trionfato la vita, segnando il record di bambini venuti al mondo. Sono dieci bambine e cinque bambini, tra cui due gemelli.
C’è poco o nulla da aggiungere all’esplosione di gioia dei giornali, che è l’eco dell’esplosione di gioia dei genitori e dei sanitari, tutti in attesa dentro o davanti alla sala parto. La nascita di un bambino è un evento portentoso. Dunque tra le ore 15 di venerdì scorso e le ore 15 di sabato, nel piccolo spazio della stanza di degenza dell’ospedale di Cremona, si son verificati uno dopo l’altro, a catena, quindici eventi portentosi. Adesso ci sono quindici bambini.
Ma davvero solo 'adesso'? È una visione 'maschile' della nascita, della nascita l’uomo (inteso come maschio) sa e capisce molto poco. In realtà le madri di quei quindici bambini (quattordici madri, perché due sono gemelli) hanno impressa nella memoria tutta la biografia pre-natale dei figli, e quella biografia è fatta di comunicazioni, richiami e risposte, messaggi e reazioni, allarmi e consolazioni, tutto un intricato vortichìo di relazioni che avranno, hanno già, un’importanza enorme nella vita palese, che adesso comincia, dei nuovi nati. Noi chiamiamo la nascita 'il lieto evento', ma è lieto dal punto di vista nostro, che quell’evento sappiamo che cos’è e lo aspettiamo ansiosi, premurosi e collaborativi.
Ma il nascente non sa cos’è, non sa cosa gli càpita, per lui venire nel mondo, dallo spazio pre-natale ovattato e silenzioso nel quale sta benissimo, uscire dalla penombra nella piena luce, tra barbagli e lampi acciecanti, è una rivoluzione smisurata: secondo Freud un trauma così spaventoso che poi in tutta la vita non avrà l’uguale. Forse le grida parossistiche e ossessionanti del nascente, che non riusciamo in nessun modo a placare, sono l’unica lingua adatta per esprimere questo sconquasso, non ne esiste un’altra. Resterà per sempre una traccia latente di quel panico, nella vita dell’ormai nato, ogni crisi di panico successiva sarà un’inconsapevole riedizione di quel panico primitivo.
Ho scritto un romanzo che ha per protagonista un non-ancora-nato, e per tempo il tempo della pre-nascita. Mi sono documentato. Ho scoperto che in certi istituti di guida al parto le future madri vengono istruite a comunicare con i figli, cantando, suonando, cercandoli con le dita, parlandogli in altre lingue, più musicali, più adatte a trattenere l’attenzione. M’è rimasta nella memoria questa cantilena in francese: « L’étoile se pro-mène / au-dessus de ton lit. / Regarde! Elle t’em-mène / dans le bleu de la nuit ». Quando ancora non sono nati, i bambini son dappertutto nell’universo, più in cielo che in terra, e le stelle gl’interessano più ancora degli alberi: « Tournent, tournent les étoiles, / à la fête, à la fête, / tournent, tournent les étoiles / à la fête du ciel ». Se la madre cammina sotto la pioggia, il nascituro può spaventarsi per il martellamento delle gocce d’acqua, ma lei lo calma spiegandogli il fenomeno: « Plic, ploc, plic, ploc, / quand il pleut, / les gouttes de pluie / glissent, glissent sur les parapluies ».
I nascituri vengono monitorati e seguiti nei movimenti, e così s’è scoperto che, se la madre ascolta musica classica, il piccolo muove le mani, se ascolta musica rock muove i piedi. Non so cosa, ma qualcosa deve significare. Mentre il medico auscultava il cuore di un nascituro, nella stanza entrò il padre del piccolo sbraitando. Il cuore del piccolo ebbe un tremito e accelerò. Noi esistiamo prima di esistere, e abbiamo un rapporto col mondo prima di essere nel mondo. Siamo preesistenti a noi stessi. La nascita è un evento che ci precede e ci scavalca. È un evento che ha una storia. Tra venerdì e sabato, si sono rivelati a noi quindici eventi-storia, in contemporanea. È questo il portento.