Calcio & società. Napoli e la festa che dovrà venire (ed è già pienamente ricominciata)
«Ricomincio da tre» è una delle frasi più utilizzate sugli striscioni che inneggiano alla vittoria del terzo scudetto del Napoli dopo 33 anni. L’espressione, ripresa dal titolo di un film cult di Massimo Troisi, è particolarmente rappresentativo della cultura partenopea e mette in scena i tratti e temi tipici della napoletanità, amicizia, compagnia, malinconia, fantasia, genialità, religiosità, scaramanzia. Cosa vuol dire ri-cominciare?
Che senso ha questa vittoria per una città complessa e complicata che ha sempre rappresentato il Meridione, le sue criticità, i suoi problemi come anche la sua creatività e la sua vitalità? Generazioni che si appassionano ai sogni, bambi-ni che si nutrono dai padri e dai nonni, che raccontano il Napoli e del Napoli in una sorta di “maradonite” che, invece di spegnersi, diventa identità comune nel pensiero e nell’immaginario, santuario laico dove continuare a riporre, nonostante tutto, aspettative e speranze. È nella popolarità di uno sport in grado di coinvolgere e affermare lo spirito di squadra e di comunità rappresentando città, regioni e province, che il Napoli diventa paradigma di un popolo in grado di attese e delusioni e comunque di ripartenze ed entusiasmi in grado di rileggere gli eventi della vita con ottimismo. Non sembri retorica, ma è vero che il Napoli è passione prima ancora che squadra e fenomeno sportivo. Ed è in questa cornice che la vittoria dello scudetto diventa occasione di maturità civica di cui lo sport, vero e proprio “fatto sociale”, è un valido e insostituibile strumento educativo, veicolo di trasmissione di comportamenti e modelli di vita. Si pensi al lavoro di oratori e associazioni dilettantistiche che attraverso le più varie discipline sportive e in particolare il calcio, anche nelle più periferiche e lontane zone della citta, arginano possibili fenomeni di devianza sociale e di evasione- dispersione scolastica, creando percorsi di educazione a valori e ideali che hanno come capisaldi il benessere, la crescita, l’inclusione, il rispetto per le culture, trasformandosi talvolta anche in incubatori di talenti e vocazioni, in luoghi di dialogo con le istituzioni per il bene di bambini, adolescenti e giovani. La possibilità di potersi confrontare con i propri errori senza subirne il peso e la pressione del risultato a tutti i costi, di accrescere la propria autostima, di comprendere che si ha il diritto a sbagliare ma anche il dovere di ripartire per se stessi e per la propria squadra rappresentano il quid che trasforma l’attività sportiva in palestra di vita. Lo sport, e quindi – a queste latitudini – innanzitutto il calcio, è, prima di ogni altra cosa, rispetto dell’avversario, impegno a vivere in gruppo e a fare squadra contro ogni emarginazione sociale; è fondamentalmente sentirsi parte, giocare per … è passione che precede l’aspettativa di guadagni che non siano misurati a sacrificio, impegno, allenamento costante.
Ri-cominciare è così un’esigenza civile che dallo sport attinge una forza più popolare che mai perché è sentire comune che elimina ogni distinzione sociale e diventa vittoria di una città che è di “mille culure” perché è “a voce de’ criature”. Ricominciare è saper fare buon uso di un risultato, di una vittoria che espone Napoli all’attenzione del mondo intero e che può dimostrare ancora una volta il saper far festa di una delle città più effervescenti del mondo. Strade e cielo si confondono nell’unico colore azzurro, in un’onda di gioia dove i tricolori che sventolano dicono ai napoletani la responsabilità per la propria città che va onorata senza la sfrenatezza che rovina la festa e mortifica la gioia. La festa è già cominciata, ma quella che dovrà venire (e che durerà) non sia occasione per sottolineare le sin troppe conosciute problematiche, ma per esaltare il valore sportivo, lo spirito verace di chi si commuove e vive passioni sincere e ancora genuine legate a mai sopiti ricordi e rinvigoriti da nuovi slanci. Fare festa è rendere speciali qualcuno e/o qualcosa, in questo caso è festeggiare tutti insieme una squadra che, pur essendo composta da uomini anche di nazionalità lontane e spesso ai margini, hanno saputo fare tesoro dell’entusiasmo di un popolo, interpretando, con grinta e determinazione, il desiderio di riscatto sociale urlato in ogni angolo della città, in un tempo che porta con sé i fantasmi di tanti drammi per l’umanità intera. Questa festa dovrà unire e, assolutamente, non dividere.
Sociologo, Pontificio Istituto teologico dell’Italia Meridionale