Napoli. Bimbo di 7 anni picchiato fino alla morte, orrore che poteva essere evitato?
Domenica pomeriggio. Il ricordo dei fratelli umiliati, torturati, uccisi nei campi di sterminio continua ad addolorarci e a farci porre la domanda che ci angoscia:« Come è stato possibile?». Verrebbe voglia di strappare dai libri storia questa pagina vergognosa. E invece no, ricordare è un dovere. È successo, non deve succedere più. Mai più. Le indagini, politiche, economiche, psicologiche, la questione ebraica, la stoltezza delle decisioni prese dai vincitori della prima guerra mondiale, possono, si, fare un po’ di chiarezza sullo stupido e disumano sterminio, ma resta sempre un cono d’ombra, una zona in cui è difficile, se non impossibile, addentrarsi. Il mistero del male.
Occorre avere l’umiltà di ammettere che il male terrorizza ma anche affascina, allontana e attrae. A volte è spietatamente “banale”. Occorre riconoscere l’urgenza di una riflessione sul male, seria, completa, senza paraocchi, senza ipocrisie. Dall’America ci era appena giunta la notizia che nello Stato di New York, le donne avrebbero potuto abortire fino al nono mese. Naturalmente a certe condizioni che tanto lasciano a desiderare. Per quanto possa apparire incredibile c’è stato chi ha gridato alla vittoria, al progresso, ai diritti della donna.
Ma, come disse san Giovanni Paolo II, “Un delitto non può mai diventare un diritto”. Qui tutto è legale. L’ ombrello della legge, opportunamente preparato, è stato aperto, ci si può riparare e rimanere tranquilli. Le immagini agghiaccianti dei corpicini triturati e gettati nei secchi sono state oscurate dalla censura facebook. Impressionano. Le immagini non il fatto. Quando s’imbocca la discesa è difficile decidere quando fermarsi, e in poco tempo, ciò che, oggettivamente, da generazioni, era considerato un male, può apparire come un bene. L’uomo è fatto così. Mi scandalizzano, mi addolorano, mi angosciano i filmati in cui si vedono cataste di cadaveri ammucchiati nei campi di sterminio. Ma mi lasciano senza fiato anche i milioni di bambini che abbiamo avuto il coraggio di strappare dalla loro culla materna prima del tempo.
Mi scandalizza la violenza cieca dei terroristi islamici; lo scempio nella cattedrale delle Filippine è un grido di dolore senza fine. Nessuno osi usurpare il santissimo nome di Dio per le sue folli imprese. Quando il male colpisce altrove, quando tra noi e il mostro senza testa, c’è l’oceano, il deserto, quando non conosciamo i volti dei neonati stuprati, violentati, dei bambini ridotti in schiavitù, presto riusciamo a dimenticare. Quando invece il male, assurdo, stupido, violento, cieco, si abbatte accanto a te, è più difficile.
Domenica pomeriggio, a Cardito. Un giovane di 24 anni, litiga con la sua compagna. Non è la prima volta. Perde la pazienza, se mai l’ha avuta. Diventa violento oltre ogni dire, si scaglia contro i figli di costei. Il bambino, Giuseppe, sette anni, muore. Tony l’ha ucciso a colpi di scopa. La bambina, colpita e sfigurata, viene ricoverata in ospedale.
La notizia fa il giro della zona e del Web. Orrore allo stato puro. La giornata, iniziata nel ricordo commosso delle vittime dello sterminio nazista e fascista, si chiude nel peggiore dei modi. Tra queste tragedie non ci sono paragoni. Ma il mistero del male rimane e ci avvolge in tutta la sua pesantezza. Non si parla d’altro. Si va alla ricerca di qualche motivazione. La famiglia è povera?
Allora la colpa è della povertà. Sai che non è del tutto vero, ma vorresti crederci per mettere a tacere il grido di sconcerto, di dolore, di rabbia che hai dentro. L’assassino non era il padre dei bambini, ma il compagno della mamma. E allora è facile inoltrarsi per la strada del dramma dei bambini con genitori separati. L’uomo ha un cognome arabo.
Ecco, l’untore è stato rintracciato. Lo scempio è accaduto perché l’assassino viene dalla Tunisia. E invece non è vero. Tony è nato in Italia, da mamma italiana, di Cardito appunto, e padre tunisino, che da anni non da notizie di sé. Nemmeno questa strada si presta a essere percorsa. C’è chi invoca la pena di morte, chi l’ergastolo, chi il linciaggio. La rabbia è tanta, l’orrore ci invade, la vergogna ci opprime. Abbiamo voglia di piangere, pregare, chiedere perdono ai piccoli. A tutti i piccoli del mondo costretti a sopportare i nostri cattivi esempi.
Vogliamo fermarci, ragionare pacatamente, onestamente, chiederci se è stato fatto tutto perché questa tragedia potesse essere evitata. Quell’uomo necessitava di essere aiutato? Curato? Quella famiglia era in grado di camminare da sola? I servizi sociali erano a conoscenza delle condizioni in cui versava? Sono intervenuti? Non è mia intenzione gettare la croce su nessuna spalla, solo tentare qualche riflessione sul male da tenere a bada fin da quando inizia a fare capolino. E non limitarci solo, quando ci fa comodo, a cambiargli il nome. La vita del piccolo di Cardito era d’inestimabile valore. Come quella di ogni bambino in giro per il mondo, compresi quelli che vengono venduti e stuprati, quelli che annegano in mare sotto i nostri occhi, quelli cui occorre ancora qualche mese per poter uscire dal grembo della mamma.