Giovani. Né ingenui né leggeri figli col «fiuto» del vero
Ora che sono tornati a casa, non lasciamoli scomparire sotto la linea dell’orizzonte. Perché è da quel punto sul quale il nostro sguardo scorreva senza vederli davvero (da quanto tempo?) che gli 80mila ragazzi di piazza San Pietro sono comparsi, come dal nulla. Ed è nel nulla dell’incomprensione che rischiano di tornare, impacchettati dentro categorie inadeguate. Invece, se c’è una certezza che esce dall’incontro di Pasquetta degli adolescenti italiani col Papa è che non possiamo archiviarlo come un bello spettacolo senza lasciarci interrogare a fondo su cosa ci ha detto quella folla nuova e inattesa (le previsioni iniziali nell’autunno scorso non si spingevano oltre le 20mila presenze).
E allora, a cose fatte, proviamo a far parlare quella piazza gremita, cominciando da Francesco che solca con la papamobile la folla dei ragazzi, lui per primo colpito dalla distanza rispetto al silenzio ferito di due anni fa nello stesso luogo. È tornato tutto come 'prima' di quella sera cupa? O si sta manifestando nei più giovani la capacità di «scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è» preconizzata dal Papa quella sera come frutto del tempo della prova? Il Lunedì dell’Angelo abbiamo forse visto la manifestazione di un fenomeno che sta scorrendo ancora impercepibile nelle pieghe del Paese e della Chiesa italiana.
Ci vorrà tempo, pazienza e umiltà per capire a quale linfa attinge, in che ramo è spuntato, cos’è destinato a diventare il germoglio che ci si è mostrato all’improvviso, segno di un 'nuovo' che stavamo aspettando. Accantoniamo anzitutto una certa retorica da grande evento, che ci siamo abituati a coltivare pensando che le adunate a più zeri di giovani cattolici fossero un dato quasi ovvio: basta organizzare e il risultato è garantito. Siamo da tempo nella stagione in cui non c’è nulla di ovvio quando si invitano i giovani – e gli adolescenti a maggior ragione – a prendere parte a eventi impegnativi, senza la certezza di un 'guadagno' in termini di emozioni e felicità pronto uso del tipo cui li ha abituati Instagram. Chi ha invitato i ragazzi a Roma sapeva che non esiste avventura educativa che non comporti l’assunzione di un rischio, specie ora che il panorama delle generazioni si è fatto ancor più sfocato per l’impatto di due anni di incertezze. E questa sembra più che mai la stagione in cui si deve seminare senza alcuna garanzia del risultato, esponendosi in proprio per la sola convinzione che la buona terra c’è ancora.
A far difetto forse sono più i seminatori, tentati dalla sfiducia, come se non ci fosse più una parola adatta alla ricerca di questa generazione. Gli 80mila di piazza San Pietro ci hanno detto invece che i ragazzi sentono premere le domande su se stessi, la vita e il futuro e forse non sanno a chi rivolgerle. È come se avvertissero che nelle presenze di cui sono a conoscenza non c’è chi riesca ad ascoltarle davvero, chi non cambi subito discorso, chi sappia farsene carico evitando di presumere d’aver già capito, per far compagnia alla loro ricerca senza pretendere di anteporre risposte non richieste. Esigono autenticità, sono rabdomanti delle intenzioni altrui, hanno un radar infallibile su chi sa dare parole alle loro angosce per lenirle, facendoli sentire meno soli.
E proprio non riescono a capire che problema abbiamo noi adulti se trovano risposte nel Papa come in un rapper: la sete è sete, conta trovare l’acqua. La naturalezza con la quale si riversano a Roma appena capiscono che forse lì c’è uno squarcio di verità, al punto da quadruplicare i numeri attesi, è sufficiente a capire che c’è un’attesa di vita vera davanti alla quale farsi trovare pronti. La Chiesa oggi se la gioca con le mille offerte di una società che ai ragazzi promette sapendo che non può mantenere se non qualche passatempo. La differenza la fa la verità di una proposta di vita. Per la quale, come ha detto il Papa, i ragazzi hanno sempre un «fiuto» speciale. A Roma abbiamo visto una generazione nuova, colorata (anche nella pelle), senza pregiudizi, allergica alle chiacchiere, assai meno ingenua e leggera di quel che sembra, ansiosa di capire di chi si può fidare. Non lasciamola sparire di nuovo: ora che l’abbiamo vista, sappiamo che c’è. E chiede ascolto.