Il direttore risponde. Missioni di pace: via le lenti deformanti
Giacomo Camilli, Foligno (Pg)
Caro direttore,ho letto con interesse le motivazioni di fondo contenute nella lettera di don Renato Sacco (pubblicata sabato 22 maggio) e la sua cortese risposta che condivido. Proprio nello stesso giorno, in seconda pagina del nostro Avvenire, viene riportato l’editoriale di Luigi Geninazzi «Primavera blanca a Cuba c’è un sogno». Perciò domando a don Sacco: quale posto dovrebbe occupare il problema dei diritti umani a Cuba nella mente di coloro che guardano troppo solo ai cattivi occidentali (Usa in testa) responsabili di tante violenze presenti, mentre spesso sorvolano su quanto avviene da decenni a Cuba e in tutti gli altri paesi vetero comunisti (Cina, Vietnam, Corea del Nord, ecc.)? Perché si può e si deve sempre lavorare per la pace (e per Cristo che ne è il vero Re), ma ciò dovrebbe avvenire in ogni contrada senza discriminazioni ideologiche. Forse che la morte di Orlando Zapata a Cuba, deceduto dopo 85 giorni di vero sciopero della fame per i diritti umani, è meno tragica del sacrificio in Afghanistan dei nostri due alpini?Giovanni Martinetti, Ghemme (No)
Capisco le sue domande, caro Camilli, e condivido il suo dolore per gli errori – sempre drammatici – compiuti dalla missione che sotto l’egida dell’Onu e il comando della Nato sta operando in Afghanistan. Ma devo anche dire che non è vero che i soldati della missione «subiscono attacchi di tutta la popolazione» (i taleban non sono affatto "tutto" l’Afghanistan e se tornassero a dominarlo sarebbe terribile per la popolazione locale). E soprattutto non è vero che i nostri giovani alpini siano morti «per interessi economici». Ogni morte violenta è ingiusta, ma sostenere quello che lei sostiene a questo proposito è ancora più ingiusto. Non lo merita chi è caduto; non lo merita chi, in divisa, continua a sacrificarsi per la causa della pace nella sicurezza. Il mondo ci riguarda sempre e dobbiamo riuscire a guardarlo e a vederlo per quello che è non con lenti deformanti, caro amico. Noi di Avvenire ci proviamo. E il lettore Martinetti, nel darcene atto, ci ricorda che le lenti più deformanti di tutte sono quelle ideologiche. La pace – lo insegna la storia, lo testimonia la Chiesa – si fonda sulla giustizia, sulla libertà e sulla verità, altrimenti non è pace. Un caro saluto a entrambi.