Il direttore risponde. Milano, via Venezian, settimo piano: difficoltà estreme, speranza, e Dio
Gentile direttore,
avevamo ormai perso la speranza di far trovare spazio, nei giornali italiani, al sentimento di quello che succede davvero a Milano, al settimo piano di via Venezian, là dove vengono ricoverati i bambini e gli adolescenti con cancro e là dove, sembra voler sottolineare “Repubblica”, Umberto Veronesi avrebbe perso del tutto la fede in Dio. Pier Giorgio Liverani, domenica 23 novembre, cita la nostra lettera ampiamente sacrificata ancora da “Repubblica” il 19 novembre. Ci permettiamo, direttore, di fargliela avere nella sua forma intera. Magari, se lo ritiene interessante, “Avvenire” riuscirà a darle uno spazio meno “censurato”. Grazie.
«Non crediamo che il male e il suo declinarsi nella vita quotidiana, non solo nelle malattie degli uomini ma anche nelle loro azioni, e più spesso nei loro pensieri, debba essere spiegato dalla “presenza” o dall’“assenza” di Dio, o con il concetto di Dio debba confliggere. Il dolore dei bambini è una sfida ai nostri limiti umani e alle nostre certezze. Per questo crediamo che proprio di fronte alle difficoltà estreme l’unica risposta sia continuare a operare per il bene e mantenere aperta la speranza. Con un certo sconforto, abbiamo letto l’estratto della biografia di Umberto Veronesi dove la sua distanza dalla fede è ricondotta, tra l’altro, alla vista dei piccoli pazienti della pediatria dell’Istituto dei Tumori. Dispiace anche dover leggere – e pensare che come noi leggeranno tanti genitori e tanti pazienti, ex-pazienti guariti e operatori – una descrizione con accenti disperanti dei bambini e dei sentimenti dei loro genitori. Eppure in tanti anni di vita, in condizioni professionali estremamente diverse, in quel reparto assistiamo al miracolo quotidiano di come in circostanze estreme si possano trovare risorse come amore, studio e buone cure in un ospedale pubblico. Pensiamo che tanti che di qui passano e passeranno siano in grado di condividere questo sguardo. Non sappiamo dire se miracolo divino o semplice buona fortuna. Ma talvolta riusciamo a ricordare, comunque vada, che Dio non ci ha abbandonati».