Migranti e potenti, la storia non è già tutta scritta. E dirlo non è lesa maestà
Metto insieme tre lettere segnate da diverse (e anche opposte) preoccupazioni, ma tutte – credo – animate da un’ansia di bene. Mi aiutano a parlare del lavoro che chi fa questo giornale cerca di svolgere e del dovere che sa di dover onorare. E soprattutto del dovere di umanità, di giustizia e di lungimiranza al quale chi governa non dovrebbe mai sottrarsi
Gentile direttore,
vedo che su “Avvenire” continua imperterrita la denigrazione dell'operato del governo Meloni in merito alla questione migranti. Penso per quanto mi riguarda sarò più ben disposto a considerare le critiche solo dopo aver visto in prima pagina una forte, urgente sollecitazione rivolta all’Unione Europea e alla Commissione di Bruxelles ad affrontare seriamente la questione. Magari proponendo qualche linea d'azione concreta volta a ricordare a tutti i Paesi dell'Unione che la solidarietà fattiva deve essere condivisa proprio da tutti, per il bene comune di tutti. Cordiali saluti
Alessandro Pagnoni Monza (Mb)
Gentile direttore,
desidero esprimere la mia preoccupazione per il modo in cui soprattutto dalla tragedia di Steccato di Cutro in poi, Giorgia Meloni interpreta la sua presenza istituzionale. In modo caldo e anche rovente in certi toni, ma algido e umanamente distaccato nella sostanza dalla condizione di chi ha meno ed è marginale (poveri e migranti sopra a tutti). E questo può avere gravi conseguenze a livello di conflittualità sociale e rendere irraggiungibili obiettivi di pace e di bene comune. La premier pur avendo indiscutibili capacità dialettiche (barcamenandosi fra affermare e negare, denunciare e ritrattare) è affetta, a mio avviso, mi si passi il termine, da “ideologismo” come lo sono tanti altri personaggi tributari o succubi di altre, diverse e anche opposte impostazioni. L’ideologia è un duro scudo mentale che non concede di avere nelle corde quella calda umanità che offre la prospettiva antropologica che porta all’empatia e alla condivisione, per fare un esempio niente affatto casuale, degli immensi dolori dei familiari delle vittime del mare. Non scomoderò più di tanto la storia per ricordare le orribili mattanze generate dalle ideologie al potere, ma mi conforta la nostra straordinaria situazione di Democrazia garantita da una Costituzione conquistata con immani sacrifici, torture e morti dei nostri resistenti partigiani, con l’aiuto essenziale degli Alleati, per liberarci dal nazifascismo. Voglio anche sperare che Giorgia Meloni possa prima o poi rompere quell’assurdo diaframma che spesso divide la vita e la morte perché, essendo madre, sa benissimo che l’amore non ha bisogno di urlare slogan roboanti per ottenere facili consensi elettorali. No, l’amore vero è delicato, tenero eppure realistico e solido, perché sa offrire la mano a chi ne ha bisogno.
Gianni Marieschi, Cortemaggiore (Pc)Caro direttore,
sottoscrivo interamente l’editoriale di Nello Scavo sulle migrazioni dei profughi nel Mediterraneo pubblicato il 28 marzo scorso e che lei ha scelto di intitolare « Da Minniti a Piantendosi: saper tacere. Quelle voci dal sen fuggite». Condivido le motivate considerazioni e lo sdegno, a cui “Avvenire” dà voce da anni, per l’ipocrisia e l’ottusità di vari nostri governanti di tutte le coalizioni e di ogni colore, soprattutto in questi ultimi tempi. Spero venga presto il tempo in cui ci vergogneremo di tutte queste falsità, grettezze chiusure.
don Carlo TruzziMetto insieme tre lettere diversissime, alcune quasi opposte, ma tutte animate da un’ansia di bene. Il bene possibile e urgente. La prima preoccupata per quello che noi scriviamo se e quando critichiamo il governo Meloni. La seconda preoccupata dallo stile di questo governo e della leader che lo presiede. La terza preoccupata da ciò che noi tutti, con le nostre diverse idee, stiamo combinando della nostra umanità sotto gli occhi di Dio e davanti al giudizio della storia. Al gentile signor Pagnoni, e non solo a lui, confermo una cosa sulla quale ho già ragionato in questo spazio: mi ha sempre incuriosito chi tende a confondere l’analisi documentata e anche critica con la “denigrazione”. In una democrazia come la nostra, grazie a Dio, possiamo permetterci la critica senza essere zittiti, minacciati e persino perseguitati come “nemici della patria” (cosa che succede in troppe parti del mondo, e se restiamo in Europa – per ragioni opposte – avviene oggi in Russia e in Ucraina, protagoniste di una guerra che la prima ha riacceso in modo terribile e la seconda sta terribilmente affrontando). Noi forniamo fatti e – se necessario – contestiamo precise scelte sbagliate o addirittura disumane. Per noi contano gli atti non i nomi di chi li compie. Da questo punto di vista è assolutamente irrilevante che parole e scelte siano o siano state di ministri che si chiamano Maroni, Alfano, Minniti, Salvini o Piantedosi. Gli alberi si riconoscono dai frutti... E i frutti non mentono. Non possiamo neppure accettare di riconoscere l’esistenza di una sorta di “reato di lesa maestà” a tutela dei Governi di turno. Vorremmo poterli applaudire tutti, ma se l’applauso non è meritato e non può scattare, non concepiamo l’indifferenza e il silenzio comodo o persino complice. E si badi bene che questo non vuol dire essere eroi, significa essere semplicemente onesti. Sul tema delle migrazioni per fame o per altri motivi umanitari e su quello dell’accoglienza dei richiedenti asilo, purtroppo il nostro diritto-dovere di critica abbiamo dovuto esercitarlo più volte. Con governi a guida Forza Italia, Pd e Cinquestelle e con i ministri dell’Interno di cui ho appena ricordato i nomi e che sono di altrettanto variegato colore politico. Posso assicurarle che su queste pagine di carta e digitali non smetteremo di farlo nemmeno oggi che il governo è a guida Fdi. Sempre sperando di non dover più criticare e di poter finalmente salutare una lungimirante e solidale svolta italiana ed europea su un fronte decisivo per la vita delle persone coinvolte e per il presente e il futuro delle nostre società in drammatico sboom demografico, ma anche per la tenuta dei nostri sistemi economici e previdenziali. Sogno da anni di vedere schieramenti politici che si affrontano gareggiando nel proporre politiche per la famiglia adeguate e politiche per le migrazioni ben modulate ed efficaci.
Chi legge “Avvenire, dovrebbe sapere che proprio per questo proponiamo, assieme ai dati del fenomeno, anche linee d’azione alternative a cominciare dal superamento della Bossi-Fini, dal ripristino della chiamata nominale di lavoratori stranieri (la “sponsorship” prevista un tempo sia per le imprese sia per le famiglie), da un sistema europeo di accoglienza dei rifugiati a causa di guerre e persecuzioni politiche e religiose. Nel farlo, diamo eco a tante voci della società civile: dal mondo del volontariato e delle Ong al variegato sistema delle imprese, passando ovviamente per la Chiesa da sempre in prima linea con i poveri (con o senza passaporto italiano).
Le persone sono l’unica ricchezza essenziale di ogni comunità e in ogni attività, tutto il resto è accessorio. Questo tipo di proposte e di prospettive a tutt’oggi, in Europa, vengono inesorabilmente bloccate dai Paesi dell’Est che fanno parte del cosiddetto Gruppo di Visegrad e sono guidati da governi di orientamento nazional-conservatore e/o nazional- populista, tutti alleati politici della leader italiana attuale Giorgia Meloni. Un’opposizione a prescindere dietro alla quale si nascondono, lo sappiamo, anche i giochi e gli egoismi di altri Paesi (e non penso né a Germania, né a Francia: i due Paesi che – seguiti nell’ordine da Spagna e Italia – più accolgono nell’Unione).
Molti degli articoli e degli approfondimenti che abbiamo pubblicato su questi punti sono anche online. Se Giorgia Meloni si dimostrerà libera da “ideologismi”, per dirla con il lettore Marieschi, potrà fare molto per aiutare a sciogliere i nodi che abbiamo insensatamente e anche odiosamente aggrovigliato in questi anni. La presidente del Consiglio ha, insomma, un’occasione vera per far cambiare ciclo alle politiche europee se userà con realismo anche le sue relazioni e parentele politiche... Per ora la svolta non c’è, e le parole e le scelte restano inutilmente e anche tragicamente dure e sbagliate. Infine, al caro don Carlo Truzzi, dico semplicemente che ha ragione. La vicenda delle migrazioni trasformate in tragedia pesa sui reggitori dei governi del Nord del mondo, ma anche su tutti noi. La cronaca ci accusa e la storia, di questo passo, ci condannerà. Ma la storia non è già tutta scritta e davvero tutti, anche lei, anche io, abbiamo un po’ del potere necessario per riempirla di parole e gesti finalmente diversi e più giusti.