Il leader politico sotto attacco in patria e fuori. Merkel accerchiata, la crisi può costare cara
La crisi migratoria poté quello che non fu possibile per crisi già definite "esistenziali" per l’Europa - dalla bancarotta della Grecia agli spread impazziti. Perché, oltre a spaccare come mai prima l’Ue, questa crisi sta provocando scosse telluriche che potrebbero portare a un autentico terremoto: la possibile "detronizzazione" di colei che ormai, nel bene o nel male, era assurta a "regina" d’Europa: Angela Merkel. Tutte le ultime crisi sono state sostanzialmente gestite da lei, dalle dure condizioni alla Grecia al famigerato Fiscal Compact. Lo stesso con la Russia, con il cancelliere al comando dei negoziati con il presidente Vladimir Putin sull’Ucraina. Era sembrato così anche con la crisi migratoria: l’Europa si è mossa solo dopo che Merkel è scesa in campo con tutto il suo peso, con un messaggio chiaro: l’Europa, a cominciare dalla Germania, deve accogliere i profughi senza esitazioni, ma all’insegna della solidarietà tra stati. Di qui l’annuncio della sospensione del regolamento di Dublino - e dunque la rinuncia di Berlino a rimandare i richiedenti asilo nei punti di primo approdo. Un annuncio che ha dato un’immagine nuova al cancelliere, molto più umana di quella della severa sacerdotessa dell’austerità, e che le era fruttata addirittura una 'candidatura' al Nobel per la Pace, anche se qualche maligno vuole vederci più 'bassi' interessi economici: secondo uno studio della Deutsche Bank proprio l’alto afflusso di immigrati, oltre a colmare lacune nel mercato del lavoro, potrebbe far aumentare dello 0,5% i consumi interni, uno dei motivi per cui la banca ha alzato dall’1,7% all’1,9% le previsioni di crescita tedesca nel 2016. Certo è che però proprio questa umanità ritrovata rischia di costare molto cara al cancelliere. Le immagini di decine di migliaia di profughi che passano il confine tra Austria e Germania ogni giorno, le manifestazioni in piazza di migliaia di seguaci dei due principali movimenti anti-immigrati (Pegida e Afd) al grido 'buttate giù la Merkel', le crescenti proteste di vari big del partito, la lettera disperata di 215 sindaci stremati per i troppi profughi, danno le dimensioni dell’accerchiamento in cui si trova il cancelliere. Per la prima volta si sente parlare apertamente - cosa fino a poco fa impensabile - di una possibile uscita di scena di Merkel. Proprio lei, la tranquillizzante 'Mutti' che solo due mesi fa sembrava più solida che mai. 'Fuori controllo', titola l’ultimo numero del settimanale Der Spiegel. «La fine dell’era Merkel è in vista» ha scritto sul Financial Times l’editorialista Gideon Rachman. Nonostante le numerosissime testimonianze di generosità di decine di migliaia di volontari tedeschi, i sondaggi confermano in effetti come si siano ribaltati gli umori: secondo Infratest Dimap, tra settembre e ottobre i tedeschi che si dicono spaventati dai flussi migratori sono schizzati dal 38% al 51%. Lo stesso istituto fotografa una Cdu in caduta libera: 42% a settembre, 40% a inizio ottobre, 38% a fine mese. Nello stesso periodo il partito anti-immigrati (ed anti-euro) Afd è raddoppiato dal 4% all’8%. E nel "Deutschlandtrend" del primo canale tv pubblico Ard a fine ottobre, Merkel ha perso altri 5 punti, 26 in meno da aprile, scendendo al 49% di gradimento, il peggior risultato da quattro anni.Intorno al cancelliere gli umori ribollono. A cominciare dal partito 'fratello' bavarese della Cdu, la Csu (Unione cristiano-sociale), tradizionalmente più a destra, con il leader nonché ministro presidente bavarese Horst Seehofer, che da settimane protesta contro la politica di apertura del cancelliere. Lo scorso fine settimana si è andati vicinissimi alla rottura, con la minaccia del bavarese di ritirare i suoi ministri a livello federale. Alla fine Merkel ha dovuto accettare l’idea di 'campi di transito' alle frontiere, non senza mugugni da parte degli alleati socialdemocratici. Il governo bavarese prepara addirittura un ricorso di fronte alla Corte costituzionale contro la politica migratoria di Merkel. E sono in tanti anche nella stessa Cdu a chiedere al cancelliere di mettere un 'tetto' al numero di rifugiati, di mandare un segnale chiaro che la Germania non può accogliere tutti, un messaggio che Merkel ha dovuto sentirsi ripetere persino dal presidente della Repubblica Joachim Gauck. Non manca nella Cdu chi chiede di imitare il premier ungherese Viktor Orban erigendo un 'muro' alle frontiere. Su entrambi i punti Merkel oppone il suo netto no. I flussi non si possono decidere per decreto, ripete, e, quanto ai muri, «sono nata in uno stato circondato da un muro (la Germania Est n.d.r.) - ha detto - non sarò io a ricostruirne uno in mezzo all’Europa». Un ruolo non chiaro sta giocando il potente ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, 72 anni, l’ultimo della vecchia guardia di era Kohl. «Schäuble non condivide quel che sta facendo Merkel - scrive Bild - e glie lo fa sapere, sia pure non in pubblico». Secondo Der Spiegel in una riunione della direzione Cdu Schäuble ha avvertito che gli umori della base «sono drammatici». Non a molto, per ora, è servita la riforma del diritto d’asilo varata in tutta fretta dal governo, con procedure molto più rapide ed espulsioni accelerate. E che Merkel sia sempre più ansiosa di arginare i flussi è dimostrato sia dalla convocazione - su sua iniziativa - del vertice sulla rotta balcanica del 25 ottobre a Bruxelles, sia dall’intensificazione dei negoziati con la Turchia (visitata da Merkel il 18 ottobre), Paese cruciale per il transito di migranti verso l’Ue. Un indebolimento che si ripercuote anche a livello europeo: per la prima volta si è creato un compatto fronte di 'ribelli' anti-Merkel, i paesi dell’Est europeo solitamente molto fedeli a Berlino, che ora invece rifiutano la solidarietà nella ripartizione dei richiedenti asilo, con l’ungherese Orban che accusa Berlino di «imperialismo morale» e purtroppo fa sempre più scuola con il suo 'muro' antimigranti. In tanti, anche la solitamente fedelissima Austria, contestano a Merkel una gestione pasticciata e scoordinata della crisi, con la sospensione unilaterale di Dublino letta da molti come un «invito» aperto ai tanti rifugiati. «Il cancelliere si è ficcata in un vicolo cieco – commenta Der Spiegel – lasciata nei guai dai vicini europei e abbandonata dal proprio partito». Negli ultimi tempi in Germania gira una voce insistente: una possibile staffetta tra Schäuble e Merkel, che potrebbe traslocare a New York: nel 2016 finisce il mandato del segretario generale Ban Ki Moon, mentre cresce il pressing per a una donna in quella posizione. «Se Merkel sarà spodestata avverte però l’editorialista Philip Stephens sul Financial Times - l’Europa si disfarà». Perché «prenderebbero piede quelli presi da calcoli più meschini e immediati, rinunciando all’ideale di una Germania europea. Sarebbe l’inizio della fine». Attenzione, però. Merkel è una leader consumata, abituata alle crisi. C’è chi scommette che, alla fine, sopravviverà anche a questa.